Un uomo rivive il grande momento della sua vita e ne scopre la grandezza e il nulla: è il dramma di Stadelmann, la cui esistenza plebea e marginale si intreccia all'ultima stagione classica della poesia europea, all'inquietante e inafferrabile genio di Goethe, alla fine del vecchio mondo e all'affacciarsi della società moderna. Questa storia di vitalità e di vecchiaia, di servitù e ribellione, brutalità e nostalgia, «all'ombra dell'elusiva ed elusa figura di Goethe, poteva essere raccontata» – ha detto Magris – «soltanto dall'interno dei personaggi, vedendoli agire e sentendoli parlare sulla scena; come se l'autore avesse solo ascoltato le loro parole, cercando attraverso di esse di capire e ricostruire a frammenti una storia e una morte...». Ne è risultata una lingua rude, spezzata, aspra e incompiuta come l'esistenza quotidiana, piena di vigore sanguigno e di rivelazioni del nulla, di bagliori, di vivacità picaresca e plebea, d'infinita desolazione. Sullo sfondo della celebre Teoria dei colori di Goethe, la vita si accende di ricordi, di sogni, di desideri, e si spegne.
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Milano Garzanti 1988,cm.13x20, pp.92, legatura ed.sovraccop.fig.
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Anno edizione:1995
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