Per gli amanti del genere Post Apocalittico. Detto questo , non è facile creare un testo originale, a volte, in questo particolare genere letterario si rischia di "scimmiottare" altri testi o storie del passato. Beh in questo caso la Mandel esce dal coro e ci offre un bel libro,una piccola perla. Una cronaca degli avvenimenti, apparentemente "destrutturata" che , però, piano piano si "ricostruisce" unendo le pedine e offrendo al lettore un puzzle finale avvincente. Da consigliare.
Stazione undici
"Noi siamo stati risparmiati non soltanto per recare la luce, per diffondere la luce, ma per essere la luce. Siamo stati risparmiati perché noi siamo la luce. Noi siamo i puri."
Kirsten Raymonde non ha mai dimenticato la sera in cui Arthur Leander, famoso attore di Hollywood, ebbe un attacco di cuore sul palco durante una rappresentazione di Re Lear. Fu la sera in cui una devastante epidemia di influenza colpì la città, e nel giro di poche settimane la società, così com'era, non esisteva più. Vent'anni più tardi Kirsten si sposta tra gli accampamenti sparsi in questo nuovo mondo con un piccolo gruppo di attori e musicisti. Tra loro si chiamano Orchestra Sinfonica Itinerante e si dedicano a mantenere vivo ciò che resta dell'arte e dell'umanità. Ma quando arrivano a St. Deborah by the Water si trovano di fronte un profeta violento che minaccia l'esistenza stessa di questo piccolo gruppo. E man mano che gli eventi precipitano, in un continuo viaggiare avanti e indietro nel tempo, mostrando com'era la vita e com'è dopo la grande epidemia, ecco che l'imprevedibile evento che unisce tutti i personaggi viene rivelato. Riuscirà a quel punto l'umanità a sconfiggere i suoi fantasmi e conquistare un nuovo futuro?
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Anno edizione:2015
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"Stazione undici" ha vinto l'Arthur Clarke Award per la science fiction 2015, ma ritenerlo un libro "di genere" sarebbe come considerare un "giallo" Delitto e castigo, per via dell'omicidio della vecchia usuraia. Certo, l'autrice ci racconta di una pandemia che stermina in pochi giorni il 99% dell'umanità e delle sue conseguenze per la vita dei sopravvissuti (con pagine di angosciante bellezza), ci mostra la fragilità del nostro mondo e delle sue conquiste tecnologiche, ma queste sono solo le note che la Mandel utilizza per intessere un accorato, commovente e a tratti struggente canto alla nobiltà dell'essere umano. L'epitome di tutto ciò è racchiusa nella scritta apposta sui carri trainati da cavalli dalla comitiva di attori e musici itineranti protagonisti del racconto che, in un mondo desertificato e terribile, vagano per città distrutte e disabitate recitando Shakespeare: "Perchè sopravvivere non è sufficiente". Un romanzo apparentemente angosciante, in realtà pieno di speranza, proprio come "La strada" di McCarthy. Davvero meraviglioso. Leggetelo, e vedrete che vi resterà dentro per un pezzo.
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La distopia è un genere molto frequentato in questi anni. La civiltà in contrazione post pandemia in questo caso però è un modo per guardare il presente da una distanza che consente una serie di riflessioni sulla memoria, sulla rete delle relazioni sociali, sulle ambizioni e i compromessi dell'esistenza. La narrazione è corale e gioca col tempo, svelando progressivamente i legami tra i personaggi. Il perno può essere considerato Arthur, l'attore, colui che si è costruito un ruolo pubblico indossando la maschera della fama, salvo scoprire dolorosamente l'assenza di legami affettivi duraturi. Il nuovo mondo è l'occasione forzata per costruire modelli di comunità diversi, per riaffermare la necessità dell'arte come strumento per andare oltre il semplice sopravvivere. Le asperità e le violenze non mancano, ma restano confinate sullo sfondo. Se anche tutti i fili e tutte le storie non sono perfettamente compiuti, il romanzo si impone sia per la riuscita architettura d'insieme sia per uno stile che a tratti indugia al malinconico e al poetico, dando sostanza e spessore ai tanti personaggi.
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