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un groviglio di idee brillanti, di invenzioni linguistiche che lo stesso autore definisce "un tuttùno". Il personaggio, il protagonista, il suo antagonista: "è un tuttùno", nel/al quale l'io narrante è avvinghiato/avviluppato/impantanato. Il lettore si chiederà, ad esempio: questo "tuttùno" è maschio o femmina? Assomiglia lontanamente all'autore oppure no? Se questo povero lettore cercherà una risposta semplice e univoca a queste domande, posso subito avvertirlo: non la troverà. E se, magari pensando di fare un dispetto all'autore, costui provasse, per fare un esperimento, a saltare qualche capitolo (perché di una cosa il lettore può essere certo: il libro è diviso in capitoli, che l'autore ha voluto chiamare, chissà perché, "chapters"), il risultato sarebbe identico: troverebbe passaggi fulminanti, trovate esilaranti che si succedono su un esile filo logico, come giocolieri e/o abili equilibristi. Posso garantire che la lettura è divertente, ma ovviamente per chi è in grado di apprezzare questo girare intorno a un qualcosa che non c'è, un centro che viene deliberatamente sottratto all'intelligenza del lettore, in grado di recepire solo alcuni messaggi criptati senza un ordine né una chiave. O meglio, a un certo punto, a p. 132, c'è una voce femminile che pone una semplice domanda a quella che parrebbe la voce narrante: "Allora, vuoi sposarmi?". Da qui fino a p. 170 l'autore gira intorno a qualcosa che assomiglia a un matrimonio. I promessi sposi riveduti e (s)corretti? Un po' anche questo, volendo. Perché Swing! assomiglia molto a una resa dei conti con l'esistenza da parte di un poeta troppo giovane per morire e troppo vecchio per il rock'n roll, per citare la celebre canzone dei Jetro Tull ("nel mezzo del cammin della sua vita" avrebbe detto un altro poeta).
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