In questa raccolta poetica l'assoluto del tempo si intreccia in modo indissolubile all'indeterminatezza dell'amore, anzi di un amore, che diventa un "tu poetico" ricorrente, a volte specchio dell'anima dell'autore, a volte invocazione laica ad una figura di donna, dea senza altare, che assomma in sé la forza, la tenacia, il desiderio, l'eterno ritorno della primavera, la distanza e la presenza, l'urgenza e l'assenza, la luce e l'ombra della vita stessa. Domenico Pisano, anche in questo testo, si conferma un "Suchende" ossia "colui che cerca", una persona, che non si accontenta dell'apparenza delle cose, ma desidera sempre andare in profondità, alla ricerca inquieta e mai paga di certezze irraggiungibili. In tutte le sue poesie oggetti o situazioni, in apparenza comuni, scatenano "l'istante privilegiato", uno stato di grazia in cui Pisano conosce la realtà in modo più autentico ed evoca, attraverso suggestive analogie ora ardite ora straordinariamente semplici, il ricordo e il desiderio del tempo, per dilatarlo, e dell'amore, perché non lo abbandoni mai.
