Un buon cast (Adrien Brody, Liam Neeson, Olivia Wilde, James Franco e persino Marco Scamarcio in una particina che poteva rivelarsi interessante), un buon incipit e un buon ritmo sostenuto da un montaggio d'autore. Il tutto malamente sprecato da un buon regista (Paul Haggis). Ecco, Third Person è un'occasione mancata, l'occasione per comporre un intreccio di storie, situazioni e location al limite della credibilità. Si parla d'amore, quello universale che abbraccia tutti gli esseri umani ad ogni livello, si parla di perdite ed elaborazioni del lutto, si parla di troppe cose e si confondono talmente le acque che nulla è più chiaro, soprattutto non è chiara la destinazione dove il regista porta lo spettatore. Insopportabili, le macchiette e i luoghi comuni con cui viene descritta l'Italia e gli italiani, soprattutto perché ogni sequenza viene immediatamente messa al confronto di un'altra, e nel caso suddetto, una Roma assurdamente caciarona (per Haggis) con una Parigi elegante e snob. Il film può piacere se non si cerca nient'altro se non un paio d'ore di intrattenimento svagato e totalmente disimpegnato.
