Il tiranno
Finito di scrivere e divulgato nell’estate del 1400, il piccolo trattato sul tiranno appartiene a pieno diritto ai classici del pensiero politico del travagliato periodo di trapasso dal medioevo alla prima modernità. Il suo autore, il cancelliere della Repubblica fiorentina Coluccio Salutati (1331-1406), amico e corrispondente di Petrarca e di Boccaccio e devoto cultore della memoria e del pensiero di Dante, a quel tempo aveva già pubblicato le sue opere maggiori: il De seculo et religione (1381-1382), il De verecundia (1391), il De fato et fortuna (1396) e il De nobilitate legum et medicine (1399). L’ormai settantenne umanista affrontava un soggetto difficile e controverso com’era quello, in tempi di rivolgimenti costituzionali frequenti, del potere illegittimo per acquisto o per esercizio e dei possibili rimedi contro di esso. Lo sosteneva la sua solida dottrina giuridica insieme alla sua vastissima cultura storico-letteraria. Nel trattato, diviso in cinque capitoli, Salutati indaga il fenomeno tirannico: parte dall’etimologia e passa poi alle definizioni vere e proprie, debitrici verso la letteratura giuridica contemporanea e in particolare verso il De tyranno di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357). Il cuore del trattato è però nei tre capitoli che riguardano Cesare: se sia stato un tiranno, se sia stato ucciso giustamente e se Dante abbia errato o no nel precipitare nel profondo dell’inferno, tra le fauci di Lucifero, i suoi assassini e capi dei congiurati, Bruto e Cassio, come traditori di colui che per disegno divino era giunto al principato. In polemica con Cicerone, e soprattutto con i teorici della liceità del tirannicidio come Giovanni di Salisbury, l’opera è apparsa spesso di problematica interpretazione, se posta a confronto con gli ideali repubblicani della Firenze del tempo e dello stesso Salutati.
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Anno edizione:2026
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