Il 9 dicembre 1984 andò in scena al Comunale di Firenze un’edizione della Traviata che aveva sulla carta più di un motivo di richiamo. La protagonista era Cecilia Gasdia, decisamente sulla cresta dell’onda nonostante avesse appena ventiquattro anni, alla sua prima Violetta. Il tenore era Peter Dvorský, slovacco (cecoslovacco, allora) più maturo e bene avanzato in carriera, in un momento in cui le voci provenienti dall’Est, e non necessariamente occidentalizzate al punto giusto, circolavano con una certa frequenza anche sulle scene italiane. Più che una certezza era Germont, Giorgio Zancanaro. Per non parlare dello spettacolo, firmato da Franco Zeffirelli, e coprodotto con Metropolitan di New York e Opéra di Parigi. Anche la copertura dei ruoli minori sembrava rispondere al desiderio di avere il meglio, con alcuni esterni di valore venuti ad affiancarsi a un paio di voci fra le più familiari e care al pubblico di Firenze. Ma al di sopra di tutti c’era il direttore d’orchestra: Carlos Kleiber, per la prima (e ahimè unica, come si vide poi) volta sul podio dell’Orchestra del Maggio: e almeno dall’esterno si aveva la sensazione che di tutte le altre presenze importanti la ragione principale fosse proprio lui.
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