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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2012
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I vecchi ricordi da bambino di un vecchio cartone e alcune pellicole cinematografiche hanno acuito la voglia di saggiare la fonte. 2 libri uno più bello dell'altro, il volume pesante non deve scoraggiare gli scettici , è un capolavoro del genere.
Entrambi i libri sono affascinanti. Dumas scrive con una tecnica quasi cinematografica: ti fa letteralmente vedere i personaggi e le scene. Da far leggere a tutti.
L’epilogo dello scanzonato I tre moschettieri aveva già separato i destini dei quattro protagonisti principali. Da qui riparte Alexander Dumas con Vent’anni dopo, secondo romanzo storico sulle vicende di d’Artagnan e soci. Come il precedente, Vent’anni dopo venne pubblicato a puntate in feuilleton sulle pagine del quotidiano parigino Le Siècle. E fa anche seguito, come ci informa Francesco Perfetti nella sua premessa (attenzione: spoilera tutta la trama), al corposo studio storico preparato da Dumas per documentarsi all’epoca della stesura del primo tomo: Louis XIV et son siecle. Successivamente (nel 1845) tutte le singole uscite vennero raccolte in una edizione parigina da otto volumi. Il titolo non lascia dubbi sulla collocazione temporale, pure al netto di forzature narrative dell’autore. Gli episodi vengono dati alle stampe in un periodo in cui i moschettieri di Dumas hanno ottenuto tale successo che non si contano più gli apocrifi e le traduzioni. Forse in quanto romanzo di mezzo, rispetto al primo e al terzo volume della serie Vent’anni dopo conta un solo adattamento cinematografico: ll ritorno dei tre moschettieri (1989) di Richard Lester (regista ombra di Superman e Superman II). Il film è il sequel de I tre moschettieri (1973) e Milady (1974) da considerarsi un unico film in quanto tratto dal primo libro, girato in un’unica soluzione ma uscito in sala sdoppiato per esigenze di durata. In questa nuova avventura cinematografica diretta da Richard Lester, gli stessi attori riprendono le loro parti realmente invecchiati ma di sedici anni piuttosto che di venti. Il cardinale Richeleu esce di scena nel buco di venti anni dalla prima storia. Il berretto da cardinale è ora indossato da un non meno velenoso (ma più avido) Giulio Mazzarino (un nome che è triste presagio di quell’Andreotti già prefigurato in Richelieu), visto di mal occhio dal popolo francese per via delle sue origini italiane. Morto il re Luigi XIII, Mazzarino è divenuto l’amante di una Anna d’Austria (sempre Geraldine Chaplin nel film di Lester) fattasi più malleabile. Ed è grazie all’ascendenza che ha su di lei che Mazzarino (nel film Philippe Noiret è chiamato a sostituire Charlton Heston quale nemesi degli eroi) aumenta le tasse e prende impopolari decisioni in nome di un re bambino (Luigi XIV) che comunque lo ha in odio. Il malumore dei borghesi, fomentati dai Principi che vorrebbero toglier di mezzo Mazzarino, fa nascere il movimento dei frondisti (detti così perché invitati a usare le fionde durante le sommosse). In tutto ciò il luogotenente dei moschettieri di Sua Maestà d’Artagnan (Michael York) non ha un partito chiaro da seguire. Invecchiato senza i suoi storici amici, annoiato dalla routine militare, scontento per promozioni e ricompense mai arrivate, lui è semplicemente fedele al re, e quindi lo si può annoverare fra i cardinalisti. D’Artagnan non ha più notizie degli altri tre moschettieri con cui fece le imprese note a tutti. Il suo unico amico è rimasto quel cavalier Rochefort (l’uomo di Meung del primo romanzo è sempre interpretato dal mefistofelico Christopher Lee) che altri non era se non il suo arcinemico, l’anima dannata di Richelieu. Rochefort da cinque anni “vive” alla Bastiglia, ma alla prima occasione rende un favore a d’Artagnan, cui lo lega reciproca stima, raccomandandolo al monsignor ministro Mazzarino insieme a tutta quanta l’allegra brigata...
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