L' ultima equazione - Mark Alpert - copertina
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L' ultima equazione
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Descrizione


David Swift, docente di storia della scienza alla Columbia University, viene chiamato d'urgenza al St. Luke's Hospital di New York: Hans Kleinman, il suo vecchio professore di fìsica, è stato aggredito e torturato da uno sconosciuto e adesso è in bilico tra la vita e la morte. L'uomo che David trova è ovviamente ben diverso da quello che, cinquant'anni prima, era considerato uno dei più brillanti assistenti di Albert Einstein e che poi era diventato uno scienziato ammirato da tutti. Kleinman è in stato confusionale e ripete in maniera ossessiva due termini tedeschi - Einheitliche Feldtheorìe - e una serie di cifre. David intuisce quale significato dare a quelle parole: il professore si sta riferendo alla "teoria unitaria dei campi", quella che spiegherebbe tutte le forze della natura, dalla gravita all'elettricità alla potenza nucleare. E sa pure che Einstein ha dedicato gran parte della vita a formularla, ma senza riuscirci... O forse no? C'è comunque ben poco di teorico in quello che accade a David subito dopo la morte del suo mentore: nel giro di poche ore, viene fermato dall'FBI con l'accusa di omicidio e diventa l'obiettivo di un uomo determinato a tutto pur di scoprire quelle equazioni rivoluzionarie. Perché David è la chiave, l'unica persona che, interpretando e seguendo gli indizi criptici sussurrategli da Kleinman, può trovare la soluzione a un'ipotesi scientifica così audace e devastante che potrebbe piegare le leggi dell'universo alla volontà umana...

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lievi tracce d'uso alla copertina, buono stato 2A

Dettagli

376 p., Rilegato
Final theory
9788842915737

Valutazioni e recensioni

  • DENIS BISCARO

    Cominciamo dalla fine, per una volta. Nella Nota dell'autore in appendice al libro, Mark Alpert rivela che fin dal principio aveva intenzione di ambientare il climax del romanzo al Fermilab, il celebre laboratorio americano di fisica. Organizzata quindi una visita alla struttura, pare abbia ricevuto l'illuminazione proprio sulla via dell'annesso acceleratore di particelle, il Tevatron. Mentre la guida ne illustrava le caratteristiche fu folgorato da una devastante intuizione: "Questo materiale è fantastico! Il libro si scriverà da solo!" (forse per moto browniano dell'inchiostro?). Il prodotto di questa disarmante hybris termodinamica è un libro ad altissimo tasso di luoghi comuni, con una trama prevedibile quanto uno spot pubblicitario e un ritmo narrativo che non farebbe invida ad una partita di curling. L'impostazione vorrebbe essere quella di un thriller all'americana del genere inseguitori-inseguiti, se non fosse che la coppia di fuggitivi riesce a spuntarla sempre e comunque, benché fino a quel momento entrambi abbiano condotto la tipica esistenza del topo di laboratorio e a dispetto del fatto che tra i cacciatori c'è un killer russo che ha la determinazione di Terminator, l'astuzia di Kaiser Soze e l'istinto omicida di Leatherface. Giornalista di Scientific American e laureato in fisica, l'autore fornisce iterate prove della piú completa inettitudine con i meccanismi narrativi piú elementari, rivelandosi del tutto incapace di suscitare nel lettore, non dico suspance, ma almeno un minimo di interesse nello sviluppo delle vicende e attirandosi solo un istintivo moto di pietà per aver inserito nel romanzo i due colpi di scena piú telefonati della storia del pensiero umano. Ma il bello viene quando si passa alla fisica. Perché i due protagonisti hanno sulla carta un'indiscussa competenza tecnica in materia se non fosse che ne parlano pochissimo e ogni volta lo fanno come se dovessero farsi capire da un ragazzino stupido delle medie, senza riuscirci peraltro, dal momento che non c'è neppure il sospetto di una qualche metafora suggestiva o di un'idea illuminante che possa gettare uno sprazzo di luce su una scienza altrimenti ostica. E per di più mancano anche i contenuti tecnici. Ci fosse almeno qualche discorso infarcito di incomprensibili astruserie matematiche, sarebbe stato per lo meno uno spunto per qualche approfondimento. Invece niente. Niente di niente. Che altro dire? L'opera prima (e speriamo anche ultima...) di Mark Alpert piú che un libro è una vera e propria disgrazia editoriale su cui è meglio calare un velo impietoso.

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