Uppers

Si è tentati di pensare di avere tutte le risposte, urlando il proprio vangelo ogni giorno con certezza e rabbia. La vita però non è proprio così, e l'album di debutto del quartetto londinese TV Priest abbraccia invece le belle e terrificanti incognite che esistono a livello personale, politico e culturale. Ponendo tante domande e dando altrettante risposte, Uppers è una fragorosa dichiarazione d'intenti che continua la recente rinascita nel Regno Unito della musica post‐punk sporca e furiosa. Dice qualcosa di molto diverso però ‐ qualcosa di completamente personale. La band è formata da quattro amici d’infanzia (il vocalist Charlie Drinkwater, il chitarrista Alex Sprogis, il bassista Nic Smith e il batterista Ed Kelland) con l’intento di creare un progetto che porta con sé un bagaglio di esperienza e stanchezza raccolto negli anni in cui la band ha perseguito la "vita reale" e i "lavori reali", qualcosa che come adolescenti non hanno mai avuto. Non sorprende che non ci sia un precedente per il lancio di una band durante una pandemia globale, ma tra il senso generale di ansia e disagio che pervade tutto al momento, l'ingresso dei TV Priest in aprile con l'uscita del singolo di debutto "House Of York" – un’accorata disamina della Monarchia su un post‐punk segaligno declamato in modo molto simile a Mark E. Smith ‐ è servito come una boccata d'aria fresca tra il caos, la rabbia e la confusione. Ed è lo stesso continuo senso di ansia globale che saluta l'uscita di Uppers, un album che ha molto da dire in questo momento. Prendendo spunti musicali dai capisaldi del post‐punk The Fall e Protomartyr, così come i grooves meccanici e pulsanti del krautrock, è un disco che sviluppa un'energia indomita.