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«Tutti quei morti ammazzati, e io ancora senza giustizia».
Serve coraggio quando si parte, ma a volte ne serve ancora di più quando si torna. È il luglio del 1940, l’Italia è in guerra. Ricciardi – preoccupato per la figlia Marta e per i suoceri, in grave pericolo a causa delle origini ebraiche – ha ormai trasferito la famiglia a Fortino, il paese dove è nato. Lì, nei luoghi dell’infanzia, sperava di avere un po’ di quiete. Invece, mentre in città il fido brigadiere Maione cerca di salvare un comune amico da morte certa, tra le montagne del Cilento il commissario è messo faccia a faccia con un passato che avrebbe voluto scordare. Per lui, e non solo per lui, è arrivato il momento di regolare i conti con la propria storia. Del resto è questo, quasi sempre, il destino di chi torna.
«Pochi personaggi nella storia della letteratura di genere hanno un cuore così tormentato e un intatto istinto ad affrontare indagini volta dopo volta più intricate». la Repubblica
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La lettura scorre benissimo in questo ultimo atto (per ora) de Il commissario Ricciardi e ci porta alla scoperta delle origini del commissario mentre la piccola Marta continua a crescere circondata dall'amore. Il libro accarezza il lettore e gli lascia una piacevole sensazione a lettura terminata. Scoprire ancora una volta un frammento della vita del misterioso commissario dagli occhi verdi ma anche ritrovare Maione, Bambinella (sempre al top i dialoghi tra di lei e il brigadiere) e Modo è stato piacevole e divertente nonostante il contesto storico in cui è ambientato questo libro. Consigliatissimo come tutti i romanzi della serie!
Maurizio De Giovanni con “Volver” torna a incantare i lettori con il suo inconfondibile stile di novelliere, con penna agile, snella, potente e intensa, variabile secondo i fatti. La sua è scrittura inconfondibile, unica, tanto semplice e raffinata, intima ed elegante, comica e appassionata, deliziosa per ogni sentimento, azione e considerazione che descrive. Ci offre ogni volta un prodotto che sembra identico ai precedenti, un format consolidato e consueto, ma invece è sempre nuovo, lo rinnova e lo ricicla, non lo modifica mai nei caratteri essenziali. Ci invita invece all’osservazione di nuovi profili, ci incanta con storie sempre diverse e dai finali sorprendenti e imprevedibili. Come è noto ai lettori che lo seguono da anni con fedeltà e passione, e sono tantissimi, fidatevi, il particolare che meglio caratterizza l’agire di Luigi Alfredo Ricciardi, commissario di polizia in servizio presso la Regia Questura di Napoli durante il ventennio fascista, è il “fatto”. Il giovane è provvisto, suo malgrado, di una spiccata sensitività e percettività, tali che avverte distintamente, e lui solo, un’aura, una luminescenza, lo spirito degli ultimi momenti di vita delle vittime di atti violenti, siano queste accidentali o compiute per mano criminale. A conti fatti, “Volver” è un ritorno all’antico, Luigi Alfredo Ricciardi torna da dove era partito, perché vedete, fa parte di quei personaggi talmente riusciti, di tanta felice intuizione, che oramai vivono di luce propria, non si fanno più raccontare, raccontano loro in prima persona. Perché quello che li muove, è l’Amore: l’amore di chi li scrive, di chi li legge, di chi li segue, di chi li ama. L’amore che quando arriva, arriva: non guarda in faccia a nessuno. Per cui, chissà, anche Luigi Alfredo Ricciardi nel suo ritornare ha ritrovato l’Amore. Per una donna, certo, anche se con altre sembianze. È un fatto.
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