Walking Sounds

Ad solo un anno da “Rumors” album del debutto che ha destato molta attenzione in differenti ambiti musicali per la sua fresca trasversalità, il trio New Landscapes è protagonista di un nuovo avvincente progetto, che guarda con attenzione al mondo musicale arabo ed al Medio Oriente in particolare. Tutto è nato dall’esperienza avuta da Luca Chiavinato e da Dario Bano percussionista, nell’estate 2017 nel Campo di Domiz, nel Kurdistan iracheno, giunto a raccogliere oltre 30.000 profughi siriani. Un’esperienza “forte”, come si usa dire in questi casi, ma allo stesso tempo artisticamente molto stimolante. Lavorare giorno dopo giorno con i giovani musicisti del Campo ma anche con dei veri professionisti, cantanti e suonatori di oud in primis, è stato a tal punto proficuo da convincere Bano e Chiavinato a registrare quanto più materiale possibile chiedendo, una volta tornati a casa, ai membri del New Landscapes e ad altri amici musicisti di arricchirlo con un paziente lavoro in studio di registrazione, che si è concluso soltanto nel mese di ottobre. Da un’imprevedibile ed altamente creativa somma di energie è così nato quest’originale lavoro, “Waking Sounds”, che saprà catturare l’attenzione degli appassionati di etnica e jazz, ma non solo. Il qanon (cetra a 78 corde della tradizione araba) di Niwar Ismat Issa (Faraway so close), la suggestiva voce di Amin Tamo (Rojava), l’oud di Karim Rashid (Comunication breakdown) e Saman Abdulkareem – coordinatore della parte mediorientale del progetto – ma anche le tastiere di Aisha Ruggieri, le percussioni di Dario Bano, la fisarmonica di Sergio Marchesini (è suo il brano cantabile e danzante che dà il titolo al disco), il clarinetto basso di Francesco Ganassin, il violino di Silvia Rinaldi, il liuto e l’oud di Luca Chiavinato, che qui riprende la sua Walkissat (da «Rumors»), hanno ognuno per la propria parte dato un importante contributo alla riuscita dell’operazione. Ma l’affascinante risultato musicale finale è frutto soprattutto di un lavoro collettivo, di una paziente artigianalità che ricorda le botteghe dei grandi maestri del Rinascimento italiano. Lo confermano sia l’unico brano tradizionale dell’album, Reya kobare, che i quattro brevi Soundscapes, importanti anelli di congiunzione fra i brani, non semplici riempitivi del Cd.