L’espediente di raccontare i capitoli dal punto di vista di oggetti inanimati permette a chi legge di mantenere uno sguardo distaccato sulle vicende, senza condizionamenti da parte dello scrittore, che si limita a riportare le azioni dei protagonisti senza giudicarle. Ma questo distacco, scientifico e razionale grazie anche alle descrizioni di attrezzi ospedalieri e interventi chirurgici e dell’utilizzo del gergo militare, non è un distacco emotivo. Durante la lettura mi sono trovata a soffrire con Tom sull’elicottero che lo porta all’ospedale, a subire lo shock della doppia amputazione e a tifare per lui nei lunghi mesi della riabilitazione; a simpatizzare con Faridun, che vorrebbe solo vivere in pace con la sua famiglia e a cui manca il suo amico d’infanzia Latif; e persino a compatire Latif stesso, che si unisce ai ribelli sinceramente convinto che la loro battaglia sia giusta e diventa succube del capo Aktar. In particolare mi ha colpito molto come Tom, pur avendo comprensibili momenti di sconforto e di rabbia per quello che gli è capitato, arrivi a un grado di consapevolezza che gli permette di dire a un amico, mentre si trovano in un pub: “Se le persone che mi hanno fatto questo entrassero qui adesso, gli offrirei da bere.” Decisamente consigliato!
