Apocalisse
Tutto il creato, tutto l’uomo – perfino tu – è riassunto nel rotolo dell’Apocalisse, che sigilla il testo sacro, la Bibbia, facendolo esplodere, conferendogli infinita profondità. L’Apocalisse è il libro della rivelazione e della violenza – dacché il divino si esperisce nel sangue –; è il libro del riscatto e della grande vendetta; è il libro dell’Armaghedòn, della fine del mondo, e del mondo nuovo. Libro che va sussurrato con riverenza, inclinando la gola al canto, l’Apocalisse, soprattutto, è poema e peana, poesia che si fa incendio: alcune figure – l’Agnus Dei e il drago, la “donna vestita di sole” e “Babilonia la grande, madre di puttane”, i cavalieri su destrieri letali, gli scorpioni, le cavallette con “facce di uomini” – ricorrono nei versi della grande lirica occidentale, da Dante a Eugenio Montale, da William Blake a Friedrich Hölderlin e Rimbaud, e nel cinema di Ingmar Bergman e Andrej Tarkovskij. La versione poetica del libro più conturbante del canone biblico, ad opera di Giancarlo Pontiggia, tra i più potenti poeti italiani di oggi, rende aureo l’enigma, pone pionieri d’oro nel magma d’abisso. “Io vengo tra poco”, intima Dio. L’Apocalisse è dunque una preparazione marziale, un’unzione – la gioia sconfina nell’ebbrezza, il lavacro nell’ordalia.
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Anno edizione:2023
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