Architettura come atto d'amore. Storie di principi e architetti nel Rinascimento
Come possiamo leggere la storia di una città e delle sue architetture? Come possiamo arrivare alla sua anima, al suo «genius loci»? Questo libro prova a offrire qualche spunto di riflessione: riprendendo la visione poetica proposta nel Trattato di Filarete (1460-1464) secondo cui l’opera di architettura sarebbe “figlia” di un architetto-madre e di un committente-padre, si può provare ad allargare il discorso considerando più generazioni di “coppie” architetto/committente; fissando la nostra attenzione al Rinascimento, la cosa diventa particolarmente interessante nel caso in cui i committenti siano anche dei principi, perché è anche grazie a questa successione di rapporti tra principi e architetti che tante delle nostre città storiche sono diventate così piene di bellezza. Mantova sembra l’esempio perfetto; qui abbiamo una dinastia che ha retto le sorti della città per quasi quattro secoli – i Gonzaga – con esponenti che hanno realmente avuto un notevole grado di intimità con i propri architetti. Tra tutti, si sono scelte tre coppie: Ludovico II e Leon Battista Alberti, Federico II e Giulio Romano, Vincenzo I e Antonio Maria Viani.
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Anno edizione:2018
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