Artefatto
I nostri umori, i noccioli mnemonici più duri e profondi, inconsci, e inconfessati soprattutto a noi stessi, i preconcetti che fingiamo di aver vinto solo per avervi opposto altri preconcetti, sono le occulte fondamenta su cui edifichiamo ciascuno dei nostri palazzi sovietici dove lavorano (stancabili) legioni di impiegati neurali alle scrivanie sinaptiche e interpretative del presunto reale. I poeti disillusi, violentati e uccisi per aver provocato il mondo che a sua scusante dichiara alla corte e ai giurati “il poeta però se l’è cercata, aveva una gonna troppo corta ed era truccato come una bagascia”. Il patriarcato non è borghese. Il patriarca, semmai esistito fuori dallo scaffale dove stanno i sottoprodotti del neolitico, è una componente dell’organizzazione della civiltà e della sua finalizzazione. Il borghese è solo un sogno erotico del proletariato. Il borghese è solo un incubo da indigestione dell’aristocrazia. Fili di origine e natura diversa concretano il gomitolo di DNA del nostro pregiudizio. Con essi tessiamo la trama della nostra superstizione, l’abito dell’errore che veste la nostra esistenza, inebetita tra le macerie dei ricordi. I più gravi tra questi falli, inemendabili, risultano alla prova essere: la spiritualità; la mente o la coscienza di sé, che sono in realtà il puerile espediente per ipotizzare una ragione nell’homo; la sacralità della vita umana; la libertà (quando la stragrande maggioranza degli umani non solo non è libera ma teme anche di esserlo); l’eguaglianza (quando, all’evidenza, gli individui appartengono a gradi diversi della gerarchia umana e meritano quindi diversi diritti e diversi doveri); la fraternità, che è chimera, poiché, nel giudicato, sono fratelli tra loro soltanto i figli della medesima puttana… Il Fato è il pappone delle fate e le picchia quando serve. Sii furtiva, Mary, come il ladro che entri nel mondo addormentato. Come il messia che ritorni di notte, quando nessuno ormai lo aspetta più, confidando nessuno lo riconosca e gli faccia pagare il conto salato delle promesse non mantenute. Come la befana sconvolta dopo l’orgia. Mi risparmio la volgarità del creare, Mary. La noia dell’eterno. Lascio ai posteri la mia semenza. Anche l’infosfera è soggetta a ictus. E a te questa mia estrema e deserta conoscenza sferica. Abbiamo sempre saputo che il mondo è una scenografia artefatta da noi esseri eterni presi dalla nostalgia per la vita organica, per il tempo, per la mortalità.soci
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