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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 1986
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Libro decisamente ostico sia per lo stile, abbondante di lunghe subordinate che, a volte, fanno perdere il filo della frase e sia per la trama che, soprattutto nella parte finale, ho trovato ingarbugliata. Alla fine, ho cercato delle critiche letterarie che confermassero o meno ciò che credevo di aver compreso ma ho scoperto che è un libro pressoché sconosciuto sin dalla sua prima pubblicazione. Proprio per la sua complessità, infatti, venne snobbato sia dalla critica che dal pubblico. Ciò che ho trovato in rete, suggerisce che l'iguana rappresenti la Natura ma questa visione mi lascia perplessa perché, a mio parete è solo una delle sfaccettature della bestia., Personalmente ho dedotto che, scegliendo questo animale, rettile dotato di arti utili alla narrazione, la Ortese abbia voluto richiamare il concetto atavico di Male, ovvero il serpente nell'accezione di corruzione, deviazione dalla retta via. Cerco di spiegarmi meglio: non è che Estrellita fosse veramente una iguana ma il suo passato (che non viene mai esplicitamente raccontato e, pertanto, si va per immaginazione in base alle parole poco gentili dei protagonisti maschili), nel tempo, ha dato questa forma il suo aspetto esteriore: la lascivia, la povertà, l'ignoranza hanno trasformato una bellissima giovinetta (che per un attimo vediamo attraverso gli occhi di Daddo) in un essere "inferiore". Questa suggestione mi deriva dal fatto che anche il "corruttore", ha una doppia forma: quando il suo animo è malinconico virante al pessimismo, non solo i suoi abiti sono laceri e dozzinali ma sul suo volto di giovane diciottenne appare un intrico di rughe e i capelli si fanno d'argento. Ma quando la superbia della sua nascita si risveglia, il portamento è elegante, altero ed i suoi panni, fin nei minimi dettagli, indicano la sua aristocratica origine. I piani di lettura sono molteplici e merita una seconda lettura per tentare di capirli.
La Ortese - un po' come "la morte a Venezia" per Mann e "Le notti bianche" per Dostoevskij - rimane una scrittrice ricordata per un'opera assolutamente minore (ma non brutta) come "Il mare non bagna Napoli". Eppure di roba pazzesca ne ha scritta una marea. Un esempio - o meglio l'esempio: "L'iguana". Questo libro è una delle più belle modulazioni della lingua italiana, in continuo gioco scherzoso nell'ambiguità tra reale e immaginario (con atmosfere tipiche del cinema onirico di Lynch, del cinema grottesco di Greenaway, del cinema estraniante di Apichatpong Weerasethakul - ah, giusto ricordarlo, l'ha scritto parecchi anni prima dell'apparizione di questi registi)
La fantasia della Ortese origina questo strano romanzo, uno stile che rimane unico nel panorama letterario italiano. Da questa stessa fantasia nascerà più tardi quel libro complesso e ben più arduo che è "Il porto di Toledo" ("Ricordi della vita irreale", ovvero una sorta di autobiografia trasfigurata), immenso capolavoro ancora oggi largamente incompreso e/o ignorato. Ecco, il percorso per giungere a quel libro fondamentale, vero punto nodale nella vita e nella produzione letteraria della scrittrice, nasce forse proprio da qui. Per questo, forse, è la lettura ideale per giungere più agevolmente a quell'altro. Io, almeno, sono riuscito ad "entrare" a Toledo, le cui alte mura mi avevano in precedenza respinto, solo dopo avere affrontato questo melanconico Iguana. Capolavoro, a metà strada fra fiaba, mito, e racconto filosofico, ricco di metafore la cui lettura non è semplice né tanto meno univoca. Ma mentre lo leggevo trovavo una scrittura meravigliosa e una profondissima comprensione di tutto, in particolare di cosa sia l'amore. Da leggere lievemente, con pazienza in modo da apprezzare la narrazione a volte ingarbugliata. Consiglio!
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