"Tragedia dell'Infanzia" è un bellissimo esempio di scrittura surrealista, capace di trascinare vorticosamente il lettore in un viaggio travolgente, dove protagonista è l'infanzia. L'ossimoro del titolo mostra la straordinaria genialità di Alberto Savinio, che racconta, attraverso il punto di vista del bambino, quanto faticoso e difficile sia l'ingresso di quest'ultimo nel mondo degli adulti, spesso ostili e poco comprensivi. Una perla contenuta nel libro, edito Adelphi, è senza dubbio la postfazione, in cui l'autore ironicamente descrive lo scompiglio, che sconvolge i genitori, a cui è toccato ritrovarsi in famiglia un artista; una piacevole disgrazia, che nessuno meglio di Andrea De Chirico avrebbe potuto rappresentare.
Tragedia dell'infanzia
Per Savinio, l’infanzia non è un tempo ma un «tempio», cioè un luogo, una dimensione dello spirito. Un luogo, anzitutto, fisico e geografico: la Grecia d’inizio secolo, dalla luminosità abbagliante e quasi sgomentante, in cui scintillano ricordi come la nave «Andromeda» coi suoi «ùluli prepotenti», il teatro Lanarà col suo odore di alghe e segatura, la città – «veduta in sogno» – della villeggiatura, ma soprattutto la cresta prepotente del Pelio che si erge di fronte alla finestra della «camera dei giochi». E un luogo, inoltre, metafisico e doloroso, in cui la mente del bambino da un lato vede e percepisce cose interdette a quella dell’adulto (il «potere stregonesco» della zanzariera, gli «occhi infocati dei ranocchi e dei cipressi semoventi», l’incanto fiabesco del tappeto della camera istoriato di leocorni) e dall’altro sente irrompere domande estreme che potranno in seguito essere sedate ma non risolte: come quando un passero ferito – che il piccolo Savinio salverà e adotterà col nome di Leonida – rivela sotto il batuffolo di piume il «centro di un vuoto allucinante». Scritto nei primi anni Venti ma apparso a stampa nel 1937, «Tragedia dell’infanzia» viene qui riproposto insieme alla sua seconda parte inedita e incompiuta – di recente affiorata tra le carte dell’autore –, dove si narra il mitologico viaggio svolto «sul dorso del Centauro» alla ricerca dell’Orsa, la misteriosa figura che si leva minacciosa e irresistibile sulla cresta del monte Pelio: un viaggio che segnerà la fine dell’infanzia e l’avvio di un nuovo destino.
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Cristina La Bella 06 maggio 2016
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