Il breve romanzo di Cerami, pubblicato nel 1976, racconta la storia di Giovanni, un impiegato del Ministero, addetto alle pensioni, e prossimo pure lui alla pensione. Il romanzo rappresenta in modo freddo Giovanni, a differenza del film di Monicelli e con Alberto Sordi, che, invece, dà una rappresentazione calda, prima grottesca, nei toni della commedia all’italiana, poi drammatica. Certo, nel romanzo la rappresentazione del rito massonico è grottesca, ma con toni comunque pacati. E’ interessante notare come cambia la connotazione del titolo spostando l’aggettivo da prima a dopo il nome: un piccolo borghese denota l’appartenenza a un ceto sociale, un borghese piccolo connota una limitazione civile e spirituale, raddoppiata dalla ripetizione dell’aggettivo. Un borghese piccolo piccolo non ha fiducia nelle istituzioni, cerca la raccomandazione perché il figlio superi il concorso pubblico e preferisce farsi giustizia da sé invece che affidarsi alla giustizia ordinaria. Si comporta, inoltre, in modo volgare, quasi animalesco, quando è in auto, quando richiama le belle ragazze, quando si rivolge alla moglie. Connotati nel titolo, questi tratti sono descritti in modo per lo più distaccato, a volte con metafore graffianti (“come una patata”). Il narratore non ci tiene a penetrare l’animo del suo protagonista. Preferisce osservare da fuori, non interviene nel procedere degli avvenimenti. Cerami s’ispira a Cechov, come nella scena iniziale del pesce pugnalato che richiama, più avanti, il trattamento che Giovanni riserva all’assassino?
Un borghese piccolo piccolo
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«Un bellissimo romanzo neocrepuscolare, atroce.» Pier Paolo Pasolini Uscito nel 1976, Un borghese piccolo piccolo racconta la crudele, sanguinosa vicenda di Giovanni Vivaldi, impiegato di un ministero romano che, nell’Italia spietata del boom economico, tenta di farsi largo nel mondo tra sotterfugi e piccole furbizie, ed è pronto a tutto pur di garantire al figlio quel benessere che lui ha potuto solo sfiorare. Vincenzo Cerami punta la sua lente di ingrandimento – sono parole di Italo Calvino – sulla «bruttezza senza riscatto che regna nel cuore del nostro consorzio civile, ma anche sulla tenace rabbia di vivere che persiste in fondo a un desolato svuotamento di ragioni vitali». Diventato a un anno dalla pubblicazione un celebre film di Mario Monicelli con Alberto Sordi, Un borghese piccolo piccolo è una storia di vittime e nello stesso tempo di mostri, in una Roma inedita che, con la sua ferocia, non lascia scampo al lettore.
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Un capolavoro ambientato in una Roma quasi irriconoscibile, truculenta, quasi sempre poco illuminata da una luce smorta che vorrebbe celarne i visibili difetti strutturali, senza poter tuttavia fare nulla per quelli morali. La caduta verso l'abisso di un grigio e servile impiegato del Ministero alle soglie della pensione, che decide di farsi giustizia da solo e diviene un crudele assassino.
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