C’è il mare in città. Il paradosso delle catastrofi e lo spaesamento identitario
Abitiamo luoghi difficili, ci muoviamo su territori fragili, inquiniamo, desertifichiamo, ci troviamo a girare in mezze maniche a novembre o con il maglione e l’ombrello in pieno luglio. Se poi tutto si distrugge, noi per prima cosa non ci crediamo. Dopodiché, messi di fronte alla devastazione, spaesamento e stupore saranno i sentimenti dominanti. Perché non si è creduto alla valanga di Rigopiano? Perché il Ponte Morandi avrebbe dovuto essere eterno? Perché Amatrice è crollata e Norcia no? Kiribati e Maldive scompariranno davvero?
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Anno edizione:2018
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