Il Cancellieri… libro della memoria… - Anton Francesco Doni - copertina
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Il Cancellieri… libro della memoria…
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Cm. 19,5, pp. 56. Impresa xilografica con la fenice giolitina al frontespizio, numerosi capilettera istoriati in xilografia. Legatura novecentesca in piena pergamena rigida con unghie eseguita a imitazione delle legature antiche. Titolo in oro su tassello al dorso. Un'antica firma di possesso al margine inferiore del frontespizio. Ben conservato ed elegantemente impresso in carattere corsivo. Terza edizione (la prima è del 1562) di quest'opera dedicata alla memoria e alla comparazione di fatti antichi e moderni. Si tratta di una ristampa fedele, o meglio di una nuova emissione dell'edizione del 1562; "gli eredi di Gabriele in alcune copie ristamparono il primo foglio, ponendovi la data del 1585 e del 1589; segno certo che erano rimaste invendute nei magazzini" (Bongi). Nel trattato mnemonico i capilettera istoriati rappresentano un sistema di immagini di scene mitologiche, in cui ogni lettera corrisponde alla prima lettera del personaggio principale inserito nella scena; l'alfabeto è basato su quello già impiegato da Ludovico Dolce nella sua traduzione delle "Metamorfosi" ovidiane ("Le Trasformationi"), pubblicata l'anno prima dallo stesso "Giolito de'Ferrari". "Si tratta infatti di alfabeti che, secondo le parole del poligrafo collaboratore dei Giolito Ludovico Dolce nella sua opera sulla memorizzazione, "hanno parte di voce", a differenza di quelli costituiti invece di figure che hanno una somiglianza di forme con le lettere stesse... Si potrebbe essere tentati a questo punto di affacciare l'ipotesi che ad inventare le iniziali "parlanti" giolitine possa essere stato Lodovico Dolce, che della casa tipografico-editoriale divenne un vero e proprio redattore. Osta però a tale ipotesi il fatto che la collaborazione del Dolce con il Giolito divenne stabile soltanto nel 1543; che la sua fortunata traduzione in italiano delle Metamorfosi, più volte ristampata, uscì, per i torchi di Giolito, soltanto nel 1555; e che la sua non molto originale opera, già citata, sull'arte della memoria apparve addirittura nel 1562. Potremmo dunque lasciare per intero a Gabriele Giolito, la più rilevante ed importante figura di imprenditore editoriale del tempo, la responsabilità, se non di aver pensato, almeno di aver voluto, nel quadro della sua costante ricerca di soluzioni tecniche volte alla conquista ed all'ampliamento del mercato, la creazione e l'adozione delle iniziali "parlanti". Cfr. Franca Petrucci Nardelli, La lettera e l'immagine: le iniziali "parlanti" nella tipografia italiana (secc. XVI-XVIII), Firenze, Olschki, 1991.

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Cm. 19,5, pp. 56. Impresa xilografica con la fenice giolitina al frontespizio, numerosi capilettera istoriati in xilografia. Legatura novecentesca in piena pergamena rigida con unghie eseguita a imitazione delle legature antiche. Titolo in oro su tassello al dorso. Un'antica firma di possesso al margine inferiore del frontespizio. Ben conservato ed elegantemente impresso in carattere corsivo. Terza edizione (la prima è del 1562) di quest'opera dedicata alla memoria e alla comparazione di fatti antichi e moderni. Si tratta di una ristampa fedele, o meglio di una nuova emissione dell'edizione del 1562; "gli eredi di Gabriele in alcune copie ristamparono il primo foglio, ponendovi la data del 1585 e del 1589; segno certo che erano rimaste invendute nei magazzini" (Bongi). Nel trattato mnemonico i capilettera istoriati rappresentano un sistema di immagini di scene mitologiche, in cui ogni lettera corrisponde alla prima lettera del personaggio principale inserito nella scena; l'alfabeto è basato su quello già impiegato da Ludovico Dolce nella sua traduzione delle "Metamorfosi" ovidiane ("Le Trasformationi"), pubblicata l'anno prima dallo stesso "Giolito de'Ferrari". "Si tratta infatti di alfabeti che, secondo le parole del poligrafo collaboratore dei Giolito Ludovico Dolce nella sua opera sulla memorizzazione, "hanno parte di voce", a differenza di quelli costituiti invece di figure che hanno una somiglianza di forme con le lettere stesse... Si potrebbe essere tentati a questo punto di affacciare l'ipotesi che ad inventare le iniziali "parlanti" giolitine possa essere stato Lodovico Dolce, che della casa tipografico-editoriale divenne un vero e proprio redattore. Osta però a tale ipotesi il fatto che la collaborazione del Dolce con il Giolito divenne stabile soltanto nel 1543; che la sua fortunata traduzione in italiano delle Metamorfosi, più volte ristampata, uscì, per i torchi di Giolito, soltanto nel 1555; e che la sua non molto originale opera, già citata, sul

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Anton Francesco Doni

(Firenze 1513 - Monselice, Padova, 1594) poligrafo italiano. Di umili origini, entrò giovanissimo nell’ordine dei serviti, ma ne uscì (o ne fu cacciato) nel 1540. Da allora peregrinò per varie città (Genova, Milano, Piacenza, Venezia, Firenze) alla ricerca di un protettore. Fu prima amico e poi avversario dell’Aretino; trascorse gli ultimi anni nella quiete di Monselice. Scrisse opere di genere diverso, accomunate da una concezione «scapigliata» della vita (ne è documento la raccolta delle Lettere, 1544 e successive edizioni) e da uno stile estremamente composito che mescola pedanteria e bizzarria, calco ed estro inventivo. Fra le tante si ricordano: Dialoghi del disegno (1549); Libraria prima (1550) e Libraria seconda (1551), due cataloghi ragionati di opere a stampa e di manoscritti (talvolta...

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