Per chi non mastica la filosofia il testo non è facile. Si perde molto in disquisizioni filosofiche e poi nei contenuti concreti si perde.
Capitalismo, desiderio e servitù. Antropologia delle passioni nel lavoro contemporaneo
Ne è passato di tempo da quando il Capitale obbligava al lavoro ricorrendo alla forza bruta. Oggi, al contrario, per convertire al meglio il lavoro in forza-lavoro ricorre agli affetti. Per questo possiamo parlare di una nuova economia delle passioni, specifica dello sfruttamento e della messa al lavoro contemporanee. Per questo, per analizzare il nuovo regime del capitalismo, occorre guardare ai desideri che muovono l'adesione al lavoro e agli affetti che spingono a mobilitarsi per esso. "Servitù volontaria" è il nome del nuovo paradigma? L'autore sembra suggerire di no. Perché l'economia dei desideri e degli affetti, sulla quale si fonda la messa al lavoro oggi, non è questione di volontà. Bensì di strutture, di tecnologie della soggettività e di produzione di desideri conformi. Insomma, di un'architettura dello sfruttamento fondata sull'individuo e il suo desiderio. Ecco perché occorre integrare l'analisi di Marx con un'antropologia delle passioni in grado di dare conto di questa paradossale richiesta del Capitale: avere dei lavoratori sfruttati... e felici. Servirà dunque tornare al pensiero di Spinoza.
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Anno edizione:2015
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In commercio dal:30 aprile 2015
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Nocciolina 14 agosto 2023Titolo accattivante, testo deludente
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edoardo nesti 10 giugno 2016
Saggio edito nel 2010, in cui il pensatore ed economista francese F.LORDON, cerca di costruire una architettura dello sfruttamento odierno del tutto originale, e in definitiva assai distante dall'analisi approntata dallo stesso MARX. Nonostante il libro sia molto incisivo, anche ridondante se si vuole, nel definire una forma dello sfruttamento capitalistico, tale schema sembra risultare poco adeguato. Usare categorie sociali determinate (e generali) come quella di classe salariale, o come quella di sfruttamento, presuppongono uno schema relazionale entro la società, che di solito non ammette discorsi di teoria, i quali ricadono per così dire immediatamente su certe elaborazioni di ordine ontologico, come quella di natura psicoanalitica a cui appartiene il desiderio. In tale maniera possiamo correre il rischio di descrivere non una classe sociale (la classe salariale), bensì un insieme di individui omogenei nel loro status assiologico, che però al contempo smettono di essere degli individui. Tale concezione diviene ardua da accettare anche da un punto di vista filosofico. Se poi vogliamo rimanere nel campo ontologico, possiamo per così dire controbattere che il Capitale (come rapporto sociale di produzione), non è propriamente legato allo stato passionale della classe salariale, basterebbe osservare le vicissitudini a volte drammatiche che lo stesso Capitale propina nei confronti della impresa economica odierna, dove certe ristrutturazioni aziendali, o di definitive chiusure, possano creare in talune circostanze, la pauperizzazione e desertificazione di interi territori geografici. Per concludere possiamo aggiungere che scambiare la ideologia di matrice aziendale per il Capitale stesso, può condurre ad asserzioni teoriche poco lungimiranti anche da un punto di vista politico. ed.nes959@gmail.com
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