Dario Pontuale ci apre le porte di un memoriale ampio che riguarda un ambiente preciso: una periferia. Qui si stagliano e si intrecciano diversi destini. Il racconto si dipana lentamente, come possono essere gli stessi ricordi, lasciando spesso al lettore spazi indefiniti di movimento narrativo. In una zona periferica romana denominata Barrio, una fabbrica di liquori in disuso viene chiamata Fortezza. Qui qualcuno vorrebbe far costruire un grande centro commerciale. Dallo stabile n.49 parte il racconto di Michele, voce narrante della storia. Il protagonista rimette in circuito una fitta rete di ricordi, che partono dal momento in cui da adolescente viene beccato a scrivere su un muro. Si ripercorrono una serie di avvenimenti che riguardano i cambiamenti sociali delle persone che vivono in quel quartiere; relazioni che evolvono tra i personaggi e l’ambiente stesso, destinato a subire forti modifiche al suo assetto a causa di forze esterne. Si snoda anche la vita di Alfiero, l’anziano “accusatore” che si occupa della biblioteca del quartiere, a cui Michele rimarrà legato da un rapporto quasi filiale. L’autore non si limita a descrivere i personaggi, ma li rende “suoi”; la sua scrittura chiara ed elegante ci permette di entrare nei dettagli più intimi, di cogliere da un punto di vista emozionale gli eventi mutevoli che caratterizzeranno di molto la vita di Alfiero e i microimpulsi esistenziali che appartengono, invece, all’inquietudine di Michele. La trama è ben strutturata e coniuga parole, immagini e dettagli episodici. La relazione tra intensità, valenza e memoria autobiografica, anche degli eventi più tragici, offre in questa storia un’idea di veritiera coesione. Certi ricordi non tornano è un libro dalla trama non scontata, dal finale aperto e connotato da vicissitudini inconsuete. Una storia che induce a diverse riflessioni sulle conseguenze imprevedibili delle azioni umane. M. L.
Certi ricordi non tornano
La Fortezza è una fabbrica di liquori ormai in disuso, compressa fra il Barrio e il Fiume. Tra i palazzi del quartiere periferico svetta il civico 49, ultimo baluardo di resistenza nei confronti della Panopticon, la società proprietaria dell’impianto che vorrebbe trasformare in un moderno centro commerciale. È qui che Michele, sedici anni, viene sorpreso a scrivere una grossa O con una A all’interno su un muro dell’edificio da Alfiero, un condomino con gli occhiali alla Pertini. “L’inizio è insolitamente conradiano – un uomo cade in mare mentre un’onda si abbatte su una scialuppa. Ma subito una parola incrina, o semplicemente dissona, nell’immagine quasi sovratemporale da romanzo d’avventura di mare. È una parola ipercontemporenea: “resilienza”. Utile a leggere l’intero romanzo come una meditazione narrativa sul tema, o meglio ancora: un racconto lungo in cui lampeggia quel lemma come la chiave di un enigma.” (dalla prefazione di Paolo Di Paolo).
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Anno edizione:2018
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