Un libro utile, a tratti prezioso, almeno nella sua prima parte. Chiedimi chi erano i Beatles permette di ripercorrere la storia del PCI, le lotte politiche e sindacali, lo scontro con la Democrazia Cristiana e la lenta maturazione del compromesso storico, interrotto bruscamente dal rapimento di Aldo Moro. È in quelle pagine che si ritrova il Bersani più autentico: quello che crede ancora nel valore del lavoro, nella moralità della politica, nella cultura popolare come cemento civile. Il libro è anche un ritratto coerente dell’uomo: riflessivo, leale, onesto. E questo non è poco. Ma come accade per il partito da cui proviene, anche nel suo pensiero politico affiora una certa dissociazione dalla realtà sociale. Bersani resta un idealista, e lo dimostra quando afferma che, se fosse diventato premier nel 2013, la sua prima mossa sarebbe stata introdurre lo ius soli. Un gesto simbolico, forse nobile, ma totalmente fuori contesto in un Paese che già allora faticava a trovare risposte concrete per i propri cittadini. È lo stesso limite del Partito Democratico: l’essere diventato la casa delle minoranze – immigrati, LGBTQIA+, poveri, rom, donne – dimenticando la classe lavoratrice, il ceto medio, i precari. La sinistra un tempo era laica e sindacale, oggi è ideologica e distante. E questo, inevitabilmente, si sente anche tra le righe del libro. Resta un’opera interessante, scritta con lucidità e garbo, che ci ricorda quanto Bersani sia una brava persona in un mondo politico che premia i più spregiudicati. Ma la sua visione, oggi, appare superata. Se fosse al governo, con leader come Trump, Putin o Xi Jinping, sarebbe come un bambino buono gettato in un mare di squali. Un libro da leggere per capire da dove veniamo, ma anche perché la sinistra italiana continua a perdere consensi e voti.
Chiedimi chi erano i Beatles. I giovani, la politica, la storia
«Se c'è qualcosa che vi urta nel profondo, non state lì a pettinare le bambole. Non importa in quanti sarete, se in tanti o in pochi o da soli. Impegnatevi, e collegate l'impegno a un pensiero. Magari con l'aiuto di chi ha frequentato la politica per tutta una vita e dovrebbe dedicarsi a seminare e non a raccogliere.»
È un invito, quello di Pier Luigi Bersani, che nasce da un viaggio lungo tutta l'Italia e dalle conversazioni avute, spesso davanti a una birra, con studenti, giovani militanti e attivisti. E in queste pagine l'ex segretario del Partito democratico, oggi semplice iscritto, si rende disponibile per «continuare quel dialogo mettendoci un po' di radici, un po' di memoria e qualche approssimativa rima storica che possa essere utile a dare maggior consapevolezza del presente». Partendo dalla Storia, infatti, Bersani racconta le scansioni e i momenti chiave della vicenda italiana ed europea, per capire quale è il senso (e il metodo) della buona politica, quale il peso del lavoro, inteso come soggetto, nell'evoluzione delle nostre democrazie; quale atteggiamento tenere verso il nuovo tecno-capitalismo e le derive della globalizzazione. Con uno sguardo attento, impreziosito da aneddoti e ricordi personali, proprio su quel «partito della nazione», il Pd, sulla sua fondazione, sulle prospettive, sulla sinistra «da non lasciare mai incustodita». Pagine «fuor di metafora» impegnate e generose («la generosità» dice Bersani «è la materia prima della politica»), ispirate a un principio cui l'autore non ha mai derogato, ancora più valido nel confronto con queste nuove destre: «Per reagire non servono parole alate o politiciste. Servono parole per l'uguaglianza e per la dignità e il valore di ogni diversità; parole che semplicemente si facciano capire e non appaiano straniere ai luoghi dove si svolge la vita comune della gente».
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Anno edizione:2025
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JANKA 12 ottobre 2025Dal PCI al PD: il lungo addio alla realtà
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