È il sogno, il desiderio, l'aspettativa più intimamente malcelata che ogni figlio serba nel suo cuore: poter rincontrare il proprio Padre, la propria Madre, rincasando, sul pianerottolo di quella casa da cui la vita li ha fatti uscire, senza più far ritorno. Raccontare loro, in un sapiente gioco di specchi generazionale, dove il Padre diventa il Figlio e il Figlio diventa il Padre che non ha mai potuto conoscere e che ha ricercato negli sguardi, nei racconti, nelle immagini, nelle parole. Per scoprire se somiglianti; per cercare di somigliargli sempre di più. Si apre, allora, il racconto di tutto quello che avrebbe potuto essere, ma non è stato. La vita è, però, quella vissuta; "è come una parola priva di sinonimi", per quanto sarebbe stato bello, per tutti, avere un po' più di tempo a disposizione. Specie per chi, essendosene andato via troppo presto, lo avrebbe meritato.
Un doppiopetto grigio, il Borsalino in mano, un velo di brillantina sui capelli, lo sguardo basso. Sotto un cielo che affonda nel rosa di un tramonto infinito, un ragazzo degli anni Cinquanta torna dal passato, si ferma sul pianerottolo della casa di famiglia e aspetta il figlio, ormai adulto. Com'è possibile? E perché è tornato ora, dopo tanto tempo? Sono due sconosciuti, ma sono padre e figlio. Insieme per la prima volta e solo per una sera, provano a raccontarsi le loro vite, quello che è stato e quello che poteva essere, la storia di due generazioni vicine eppure diversissime. Le parole dell'infanzia, i paesaggi, i volti trasformati dal tempo; e Roma, quella più bella. Quella della radio, e della televisione che quel ragazzo timido e geniale ha contribuito a fondare. Ma qual è l'eredità di un padre che non c'è mai stato? Forse la malinconia, certe tristezze improvvise, la voglia di scherzare e di prendersi in giro, il ricordo commosso della donna che li ha amati. In un viaggio attraverso il dolore della perdita e la meraviglia della ricerca delle proprie radici, le parole si mescolano e si intrecciano fino a rivelare ciò che li unisce davvero. Perché non smettiamo mai di cercare il padre.
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Anno edizione:2016
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Antonio Poso Zurlo 11 aprile 2023
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PATRIZIA FEMORE 09 marzo 2017
E’ la storia, gradevole e a tratti commovente, di un incontro immaginario, quello dell’autore, ormai sessantenne, con il proprio padre morto a soli trentasei anni. Il racconto investe due livelli, quello strettamente personale degli affetti e dei ricordi familiari, e quello più ampio della ricostruzione storica. La rievocazione della figura paterna fornisce all’autore l’occasione per rievocare, con grande efficacia, un’Italia migliore, piena di progetti e di speranze, di idee e di uomini nuovi. Mi ha particolarmente colpito la capacità di tracciare il ritratto accurato ed emozionante di un uomo e della società che lo circonda.
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ALBERTO SCANDROGLIO 19 maggio 2016
Il romanzo è un delicato ed immaginario dialogo con un padre, prematuramente scomparso, a cui però il figlio avrebbe molto a ancora da dire e da chiedere. Il figlio, Veltroni, attraverso aneddoti sulla "romanità" dell'immediato dopoguerra e della successiva rinascita dell'Italia, fa emergere la figura dell'amato genitore, cronista della Rai. Il dialogo che ne esce è malinconico e allo stesso tempo fa riflettere sull'importanza delle parole, delle cose non dette e della voglia di cercare le proprie radici, anche interrogando non le persone in carne ed ossa, ma la loro anima.
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