Cieco
Massimo Fini, con una prosa limpida, racconta, attraverso ciò che è diventato invisibile, la progressiva reclusione nel proprio corpo.
«Una cosa intelligente l’ha detta la mia ex moglie: “Massimo, io potrei anche accompagnarti in giro e dirti ciò che vedo e tu magari scriverne. Ma quello che vedo io non è quello che vedresti tu”»
Se è vero come osservava Virginia Woolf in Gita al faro che non ci si innamora di una persona, ma di lei e di ciò che le sta intorno, è vero altrettanto ciò che si legge in questo breve memoir di Massimo Fini, e cioè perdere la vista non è solo approssimarsi al buio, ma perdere i gesti, e insieme ai gesti anche certi sentimenti. Cieco è il racconto di una graduale e inesorabile acquisizione di impossibilità. Cieco si declina in abitudini, luoghi e persone, simbolici di una perdita. Si spera sempre che le esperienze e le conoscenze durino quanto noi, si studia e si osserva perché si sia pronti ai cambiamenti del mondo, ma non è detto che nella molta speranza che c’è al mondo ce ne sia abbastanza per noi. Di certo non sente di averla per sé chi ha scritto questo libro.
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Anno edizione:2023
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