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Remake dell'omonimo film di Haneke del 1997, che a distanza di 10 anni viene riproposto nella stessa veste ma con differenti attori, dove il terrore e la brutalità si miscelano alla perfezione con la coscienza e la realtà dello stesso spettatore, che ben presto diventa parte integrante del film. Il remake di Funny games è in pratica una copia esatta fatta dallo stesso regista del film originale; le pellicole dal punto di vista del montaggio, sceneggiatura e regia sono praticamente identiche, ma i differenti modi di recitare dei protagonisti rendono comunque interessante il film, nonostante si possa essere già visto il primo. Non è il solito film dell'orrore con jumpscare che fanno saltare dalla sedia o scene adrenaliniche ricche di violenza gratuita. E' un film che gioca molto con la lentezza attraverso piani sequenza che fanno immergere nella "realtà" di quello che accade. Il contatto con il pubblico è palpabile; il regista e il film giocano con lo spettatore creando un punto di contatto che lega la realtà alla finzione; si cerca l'approvazione dello spettatore, che in più di un caso viene anche chiamato a decidere sulle sorti della vicenda dai due protagonisti killer. Viene dunque a galla un contatto diretto tra i personaggi coinvolti (finzione) e lo spettatore (realtà) quasi unico nel panorama dei film che ci vengono proposti oggi. Consigliato il remake come l'originale del 97.
L'unico appunto che si può fare a questo remake è il fatto di essere un remake, unica vera tentazione commerciale della carriera di Haneke. Per il resto siamo di fronte ad un thriller asettico talmente reale da disturbare proprio perchè porta l'orrore nella quotidianità, l'orrore che sempre più spesso ascoltiamo nei tg, quello di ragazzi, magari di buona famiglia, che deviati dalle loro pulsioni si mettono a fare i killer. Anche il discorso finale di Pitt sul concetto di realtà/finzione sembra proprio richiamare questa sensazione che il film non stia facendo altro che raccontare in finzione ciò che è realtà (e la scelta di diluire i tempi con long take e piani sequenza sottolinea di nuovo questa volontà di far emergere il tempo del realismo). Watts e Roth grandiosi, Pitt maleficamente serafico, fotografia da oscar. Vero, lo avevamo già visto, ma anche questo è un gran bel vedere.
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