La città degli orsi mi ha devastata e allo stesso tempo lasciato un senso profondo di umanità. È uno di quei libri che ti fanno sentire tutto. È un romanzo che parla di hockey, sì, ma anche (e soprattutto) di comunità, di violenza, di silenzi complici… e di amicizia. Quella che ti salva. Maya è una protagonista coraggiosa, anche quando non si sente forte. Il modo in cui affronta quello che le è successo – lo stupro da parte del ragazzo d’oro della città – mi ha spezzato. E non perché il libro infierisca, ma perché racconta la realtà con rispetto e verità. Maya trova comunque un modo per non essere più vittima. A modo suo. Ed è potente. Ho amato Benji. Con i suoi silenzi, la sua identità vissuta come un peso e come un segreto. Ho adorato Ana, selvaggia e protettrice di Maya. "A volte la vita non ti permette di sceglierti le battaglie. Solo gli amici." E poi ci sono gli adulti. Per una volta, non sono sfondo o ostacoli, ma parte attiva della storia. Per una volta, nessuno mi ha deluso: ognuno con le sue contraddizioni, i suoi errori, ma anche con i suoi gesti di amore, di riscatto. Alcuni con l’incarnazione perfetta di quell’orgoglio malato che rovina tutto. Backman è riuscito a raccontare con delicatezza e crudezza insieme cosa significa essere giovani in un mondo che ti vuole incasellare. Una lettura che non dimenticherò.
