Un romanzo di formazione. La morte di una giovane amica nello stesso giorno in cui il protagonista deve firmare per il suo primo contratto è vissuta come la presa d'atto che la propria vita è giunta ad un passaggio importante. La neve. Un libro interessante, autobiografico, si legge piacevolmente.
Come un giovane uomo
Sono due le coincidenze da cui muove questa storia. Quella tra la caduta della neve su Roma, dopo più di vent’anni di attesa, e la scoperta che una giovane donna, Mascia, è in coma. E quella tra il funerale di Mascia, una decina di giorni più tardi, e la firma di un contratto di lavoro. Se la prima neve della vita del protagonista di questa storia, scesa sulla sua città quando era bambino, aveva portato con sé l’incanto, la seconda ha portato un incidente. Mascia, l’amica degli anni del liceo, è scivolata col motorino là dove la neve è caduta e si è sciolta. Questa seconda neve tanto desiderata, come se col bianco potessero tornare i giochi e le meraviglie dell’infanzia, invece di restituire il passato si porta via un pezzo di futuro. Perché Mascia muore per sbaglio, come pure si può morire, e non c’è altra spiegazione. Il protagonista parla con amici comuni, riceve e manda sms, inventa scuse, cerca ragioni ai propri pensieri e comportamenti, alle fughe e ai ritorni, e le trova, si colpevolizza, si assolve. Se Mascia, come tutti, muore sola, il protagonista di questo libro, come qualcuno, fa di tutto per restare, ancora un poco, solo con lei. Costruito come un labirinto che riproduce lo smarrimento di fronte al dolore, o come un videogioco che muove nello spazio ancora sconosciuto e pericoloso dell’età adulta, il romanzo segue i pensieri del protagonista, e di chi legge, intorno alla perdita di quelli che si amano e si ferma sul limite dell’amore umano che è quello, insopportabile, di non poterne impedire la morte. Con una lingua che analizza, immagina e riflette, che mescola Eta Beta alla Bibbia e The O.C. e Lost a Proust e Peter Schlemihl, Carlo Carabba medita sul caso e il destino, il lutto e la crescita, e racconta quando finisce la giovinezza, perché si diventa adulti, e come restiamo vivi, nonostante il dolore nostro, e soprattutto, nonostante il dolore degli altri. «Un poeta si riconosce dalla voce, e Carlo Carabba una voce ce l’ha» Raffaele La Capria, CORRIERE DELLA SERA
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Raffo 16 dicembre 2021Interessante
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KATYA VETTORELLO 12 luglio 2018
Esiste un modo consono, un modo logico, uno più o meno educato, di reagire quando si apprende della morte di una persona cara? E cosa ci succede, dentro, se inaspettatamente e quasi contro il nostro volere, non riusciamo a comportarci nel modo che gli usi, le consuetudini e la coscienza richiedono in queste circostanze? Per quanto tempo il senso di colpa può giudicarci? "Come un giovane uomo" è un romanzo autobiografico nel quale Carlo Carabba, con l’uso di una scrittura estremamente ricca, rivive e analizza con lucida autocritica le sue reazioni alla notizia di un’amica entrata in coma. Una notizia che apprende lo stesso giorno in cui, dopo lunghi anni di attesa, finalmente a Roma cade di nuovo la neve. Giorno che per tale avvenimento soltanto avrebbe voluto ricordare ma che invece lo porta a fare scelte sulle quali non smetterà più di riflettere, di ritornare, di mettere in dubbio e rivalutare. Perché elaborare interamente una perdita non vuol dire soltanto intraprendere un imponente viaggio dentro se stessi, ma accettare un passato che troppo spesso risulta incapace di stare in equilibrio tra rimpianto e rimorso.
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Si tratta di un romanzo autobiografico, di contenuto molto profondo. Considero questo libro introspettivo. La sua lettura suscita emozioni. Mi ha suggerito riflessioni sul caso, sul destino, sui lutti, sul dolore e come il susseguirsi delle vicissitudini della vita ci modifichi. La nota curiosa è che l’autore collega le nevicate agli eventi importanti della sua vita. Il libro appassiona, l’ho letto in una settimana, mi è piaciuto molto.
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