Benedetta convive con un'assenza importante: quella di suo padre, Walter, giornalista e presidente del sindacato dei giornalisti lombardi, assassinato da una formazione terroristica. E' il racconto di come una figlia decida di compiere un viaggio dentro la propria storia famigliare, dentro la sua storia, dentro la storia di un'Italia segnata dagli anni di piombo. E' un viaggio doloroso, ma necessario, nel tentativo di trovare un senso a qualcosa che, probabilmente, non lo avrà mai. Il dolore spaventa; chi lo subisce, sì come tutti gli altri, che stanno vicini; avvicinarcisi fa molta paura, ma diventa necessario quando è un debito di verità che lo impone. La verità è quella che cerca la bambina, che ha visto suo padre riverso per terra, brutalmente sottratto alla vita, e che, per lungo tempo, nella sua innocenza, si è colpevolizzata di non averlo aiutato. La verità è quella che cerca una figlia, che, avvicinandosi in punta di piedi, alla figura pubblica del proprio padre, cerca di recuperarne i tratti caratterizzanti, la professionalità, la vocazione, il senso di giustizia. E' un susseguirsi di nomi, articoli, appunti, ricordi, racconti, che intersecano la vita privata della famiglia con quella degli anni più bui della politica italiana. La verità è anche quella che cerca Benedetta, che, timorosa, s'avvicina allo studio del padre, "un mare di carta", un posto del cuore che, al tempo stesso, la intimidisce: lì incontrerà la "voce" di Walter. Poi, c'è il contraltare al dolore personale: è la vita degli altri, di quelli che quel dolore lo hanno creato, di quelli che non si sono pentiti o che lo hanno fatto, cercando un perdono, che non può arrivare. Alla fine della ricerca resta l'amarezza per un senso di incompiutezza, imposto dalle lacune insanabili della storia e della convenienza umana; per l'impossibilità di comprendere, a fondo, cosa sono stati, per l'Italia, gli anni Settanta. Una verità, però, non è sfuggente: quella di incontrare un padre ritrovato.
Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre
Walter Tobagi è morto il 28 maggio 1980, gli hanno sparato alcuni membri di una semisconosciuta formazione terroristica di sinistra, la "Brigata XXVIII marzo". Tobagi era un giornalista del "Corriere della Sera", era uno storico e il presidente del sindacato dei giornalisti lombardi. Quando è morto aveva trentatré anni, il figlio Luca sette, Benedetta tre. Si può dire che Benedetta non ha conosciuto il padre, di lui conserva solo alcuni fotogrammi di ricordo e una grande incolmabile mancanza. Una volta cresciuta ha deciso di andare alla scoperta di questo padre immensamente amato, e ha provato a raccogliere ogni sua traccia. Ha scavato fra le carte pubbliche e professionali come fra quelle più intime e private, fra i libri letti e annotati, gli articoli, le pagine del diario, le lettere sentimentali. Ha ascoltato i ricordi di chi lo ha conosciuto: amici, familiari, politici, colleghi, la gente che lo ha incontrato solo di passaggio. Ha raccolto l'eredità, gli insegnamenti e le massime di vita del nonno Ulderico (che dalle povere campagne dell'Umbria si era spostato a Milano per garantire un futuro diverso all'unico figlio) sapendo leggere oltre le poche parole che lui era solito pronunciare. Le parole di un uomo forte e orgoglioso che ha seguito tutti gli appuntamenti di un lungo e a volte incomprensibile processo contro gli assassini del figlio. Benedetta ha letto e studiato tutti gli atti processuali, con rabbia, amarezza e tanta voglia di capire un periodo complesso come gli anni Settanta.
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Anno edizione:2009
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Antonio Poso Zurlo 27 agosto 2025
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scritto bene, benissimo..rivivere un pezzo di storia importante e triste dell'italia che non ho vissuto perchè piccola come Benedetta....ma fondamentale conoscere!
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PAOLO LUTRICUSO 01 settembre 2010
Una drammatica vicenda umana, ed un'attenta analisi degli anni '70. Un libro che sa anche essere emozionante e vibrante.
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