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Premesso che se Stefania Bergo non fosse stata un'autrice emergente, non avrei mai fatto la recensione, mi sono accostata a questo "racconto di viaggio" in punta di piedi, sinceramente con un po' di diffidenza, in quanto penso che trasmettere al lettore le sensazioni, i colori e i profumi che questo continente emana, sia cosa molto difficile. Con stupore ho scoperto che l'autrice nella sua semplicità, senza frasi arzigogolate, sia riuscita nell'intento. Una giovane donna parte frettolosamente per allontanarsi da una vita soffocante, decidendo di andare a fare del volontariato addirittura in Africa, precisamente all'ospedale Sant'Orsola di Matiri. Il racconto parte quasi in punta di piedi ma, pian piano la mescolanza di emozioni che travolgono l'autrice, la gioia, il dolore, la speranza, assalgono anche il lettore. "Dio, quanto è bella questa terra così primitiva, onesta, vera." Questa esclamazione è quanto di più sincero, gli occhi rapiti di Stefania Bergo, abbiano saputo trasmettere a chi quella terra non l'ha mai calpestata. "È un chiacchiericcio di colori, di voci, di suoni, di canti.", e di odori aggiungo io. Sì la mente vaga in quel territorio, rende l'aria color ambra, sento il calore sulla pelle e odore di terra e di spezie... Un racconto delicato che nel corso delle tre settimane di permanenza dell'autrice a Matiri, le farà cambiare il punto di vista delle cose. La morte dei due piccoli ospiti dell'ospedale è raccontata con estrema delicatezza. Il senso della vita, il ritrovare se stessa, il ricominciare ma in modo nuovo. Libro scorrevole e consigliato
Mi sono piacevolmente imbattuto in questo libro, il resoconto di tre settimane che l'autrice/narratrice ha trascorso in Africa, come volontaria in un ospedale di Matiri, in Kenya. Ci sono gli elementi del "diario di bordo", ma con un'impostazione che ne previene la freddezza e il distacco e che in più di un'occasione è capace di invogliare la lettura, proprio come accadrebbe con un'opera di fiction. Lo stile dell'autrice è fresco e veloce, la narrazione è incalzante come solo l'uso del tempo presente riesce a garantire. Il testo è tutta storia, senza fronzoli, con una fortissima componente descrittiva. L'ambiente africano e la sua gente vengono dipinti con tratti rapidi che però, nel loro insieme, rendono un'immagine completa, viva, definita. Il tema fondamentale del testo è l'amore per l'Africa, per un mondo nuovo che l'autrice scopre giorno dopo giorno e che, di rimando, la aiuta a scoprire e conoscere meglio se stessa. Due particolari che ho apprezzato molto sono l'inserimento di SMS alla fine di alcuni capitoli, che probabilmente sono trascrizioni di veri messaggi inviati all'epoca del viaggio e che fanno da sintesi a quanto raccontato nel libro, e il passo in cui l'autrice abbandona Matiri per raggiungere l'aeroporto, nel quale sembra di leggere un moderno, intenso "Addio ai monti" di manzoniana memoria, in declinazione africana. Per concludere, il libro mi ha lasciato decisamente soddisfatto, pur essendo molto diverso da ciò che leggo di solito. Per una volta, però, mettere da parte l'intrattenimento di un classico romanzo e leggere qualcosa di vero e intenso, oltre che leggero e ben scritto, non mi ha fatto male.
Abbandonare la propria famiglia, il proprio mondo dorato per raggiungere una missione africana in compagnia, solamente, di una valigia gialla. Cosa ha spinto la giovane autrice, Stefania Bergo, a effettuare una scelta così coraggiosa e nobile? La sua “testa matta” come lei stessa l’ha definita, che le suggerisce di compiere un’azione decisamente meritevole, convinta di ricevere, in cambio, dei rinnovati stimoli, soffocati da un quotidiano convulso e abitudinario. Solitamente, tendo a non apprezzare molto le storie autobiografiche raccontate in prima persona. Esse tendono a limitare la mia facoltà di immedesimarmi nel protagonista, di condividerne le emozioni. Tuttavia, questo romanzo mi ha incantata da subito e l’ho letto d’un fiato. Per la precisione, più che letto, l’ho “guardato”, così, come si guarda un documentario girato da un regista abile ed estremamente sensibile, che narra delle tante ricchezze umane e naturali dell’Africa, ma anche delle sue realtà di profonda miseria, descrivendone i colori, i sapori e i suoni con una dovizia di particolari e con tale delicatezza da riuscire a condurre sui luoghi. Che riesce a trasmettere tutte le sue contraddizioni con un’alternanza di sentimenti che spaziano dalla tristezza allo sconforto, dal coraggio alla speranza. Che ci fa desiderare di calpestare la sua terra rossa, di ammirare i suoi cieli notturni costellati di stelle, di lasciarci cullare dai suoi venti caldi e di abbracciare i suoi figli, la cui unica ricchezza è una grande forza interiore che li rende, nonostante tutto, più liberi di noi.
Recensioni
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