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Probabilmente (ma speriamo di no) ultimo libro della trilogia dedicata a Mancini. Il protagonista è accattivante come sempre, nella sua umanità così cupa, cresciuto, maturato, cambiato con il proseguire della serie. Roma, invece, la coprotagonista, è rimasta la stessa, quella raccontata attraverso i suoi scorci meno famosi e più oscuri, ma senza di essa il racconto perderebbe tutta la sua forza. Il giallo, forte, potente, spesso violento in alcune descrizioni, continua ad avere immagini forti e adatte a chi ama i thriller cruenti, senza disdegnare dei colpi di scena davvero inaspettati. Così, tra un protagonista convincente e i suoi comprimari, la penna di Zilahy ci avvolge in un racconto costruito alla perfezione. Indubbiamente lo stile dello scrittore, affinatosi e migliorato col tempo, ha toccato vette davvero alte; leggere un suo libro non è un semplice passatempo, ma l'immergersi in un mondo raccontato con grande maestria. Nel mare delle pubblicazioni che puntano solo al pathos, Zilhay è una voce che sa unire ad una trama ottima una scrittura pregevole! Speriamo, però, presto in un nuovo romanzo che ci faccia incontrare ancora Mancini. Consigliato a chi ha amato i due libri precedenti e a chi cerca un thriller crudo, forte, ma scritto in maniera ineccepibile; sconsigliato a chi cerca il giallo all'acqua di rose.
Un’indagine reale e una più emotiva si amalgamano tra le pagine. A fare da sfondo una Roma torrida percorsa da forti tensioni sociali, una Roma preda del degrado civile e morale che si specchia nel passato glorioso delle sue rovine e dei suoi palazzi, non riconoscendosi. Rispetto ai precedenti, Così crudele è la fine ha un passo decisamente più narrativo, una scrittura più asciutta , più diretta e più veloce. Il ritmo e la tensione sono costanti e coinvolgenti. Raccogliete l’invito di Mirko Zilahy e cercate di scoprire l’identità dell’assassino e non solo…. Fatevi catturare dal gioco di specchi di Così crudele è la fine!
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