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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2021
Una storia lirica e avventurosa, un canto delle paure, delle ferite e delle ossessioni del nostro presente per raccontare l'impresa del sacrificio, della cura e della speranza.
Certi angeli non sanno raccontar storie. Sempre uguale è il loro paradiso. Non li sorprende allegria o paura. Senza parole e alfabeto, prigionieri di un pensiero senza dubbio e dismisura.
Dancing Paradiso è un locale notturno di una crudele metropoli, dove "non bisogna essere buoni per entrare, prendono anche le carogne, e qualche volta le fanno cambiare". È in quel locale che un angelo custode - "Angelo angelica" - tenta di far confluire i cinque protagonisti di questa narrazione in versi: Stan, il pianista triste, che prepara un ultimo concerto per Bill, l'amico batterista morente in ospedale, Amina, giovane profuga che ha perso la madre passando il confine. Ed Elvis, un grottesco obeso hacker chiuso in casa da anni, forse mitomane, forse assassino, La poetessa Lady raffinata e ubriacona, ossessionata dal suicidio. Cinque "creature della notte, senza un rifugio nel mondo, mannari senza luna", di cui a poco a poco, mentre si avvicina la serata al Dancing, scopriamo la storia grazie al racconto condotto per loro voce. Assoli malinconici, struggenti, comici, crudeli, furibondi. Costretti alla solitudine, ciascuno di loro sembra aver perso ogni speranza. A vegliare perché possano incontrarsi, perché possano unire voci e musica in un racconto polifonico che indichi una possibile via di salvezza, l'angelo/a caduto dal cielo per stare con gli uomini, un angelo straccione dalle ali sporche di fango, lui stesso solo fra i soli.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L’Angelo Angelica protagonista e voce narrante dell’ultimo libro di Stefano Benni non è terribile come quello di Rilke: piuttosto indulgente, comprensivo, empatico, capace di pietas cristiana. Un angelo custode, appunto. Quello volteggiante in “Dancing Paradiso” riecheggia immagini filmiche, pittoriche, musicali, di un passato prossimo e remoto, e di un presente terribilmente quotidiano. Ha respirato l’atmosfera berlinese di Wim Wenders e quella californiana di Brad Silberling, le creature alate e i saltimbanchi rilkiani, gli affreschi di Beato Angelico e i quadri di Klee, lo swing anni ’30, il rock anni ’50, le discoteche delle periferie italiane anni ’80. Si è ispirato alla cronaca e alla TV più trash, alla musica di Coltrane, Bach e Vecchioni, ma ha letto anche molta poesia contemporanea, per arrivare a modulare una lunga ballata dal carattere di recita teatrale, con attori e voci diverse. Ballata in simil-versi, perché l’andare a capo della scrittura di Benni non rispetta la metrica tradizionale, zoppica provocatoriamente, strizzando l’occhio al lettore per avvisarlo che qui si è più vicini alla parodia che all’ode, alla farsa giocosa e moraleggiante che al sonetto o all’elegia. Angelo Angelica dunque scende dal cielo, inviato/a come messaggero alato ad accompagnare le vicende umane più desolate e problematiche, caparbiamente deciso/a a sporcare la sua tunica celestiale col fango terrestre, “in città malate”: apparizione improvvisa e salvifica, maternamente prodiga e vicina ai disperati cui porta conforto “nell’imperfetta passione e nella speranza”. Incontra una serie di reietti e depressi, li chiama tutti per nome e li invita a esibirsi sul palco del Dancing Paradiso per un ultimo celebrativo riconoscimento pubblico, prima di venire inghiottiti nel buio della notte, in una morte definitiva o nella vaga speranza di un’alba di riscatto. Favoletta in versi, desolata e desolante, lontana dall’arguzia del Benni più apprezzato.
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