Della dignità dell'uomo - Giovanni Pico della Mirandola - copertina
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Letteratura: Italia
Della dignità dell'uomo
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Qual è la "natura" dell'Uomo? Questa fondamentale domanda aleggia in questa che doveva essere la presentazione delle tesi di Pico e che si convertì nel "Manifesto" dell’Umanesimo storico. Qui presentato da un’introduzione di Salvatore Puledda sul significato di questo libro per gli umanisti contemporanei. Dall’introduzione di Salvatore Puledda: “Il primo umanesimo da prendere in considerazione è l’umanesimo per antonomasia, e cioè quello rinascimentale. Certo, tutti sappiamo che il Rinascimento è stato un fenomeno culturale estremamente amplio ed articolato, che presenta aspetti molto diversi ed anche fortemente contraddittori. Tuttavia, per quello che si riferisce all’immagine dell’essere umano, vi sono alcuni tratti caratterizzanti, per così dire, che appaiono fin dall’inizio dell’epoca rinascimentale e che permangono per tutto il suo sviluppo. Io li riassumerei così: 1. Esaltazione della dignità e libertà dell’essere umano. 2. Riconoscimento dell’assenza di una “natura” umana stabile e definitiva. In altre parole, l’uomo non ha un’essenza fissata una volta per tutte ma è un essere libero che si auto-costruisce. Quest’idea si trova espressa con particolare chiarezza nella “Orazione sulla dignità dell’uomo” di Pico della Mirandola che può essere considerata come un vero e proprio “Manifesto” dell’umanesimo rinascimentale. 3. La concezione dell’uomo come “grande miracolo”, come un infinito che, in quanto microcosmo, riflette in sé tutte le proprietà dell’universo o macrocosmo. Questa concezione comporta anche che l’universo non sia semplice materia inanimata, come nella visione moderna, ma sia un organismo vivente e senziente a suo modo, che sia una sorta di macro-antropo...

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1 gennaio 2000
60 p.
9788886762250

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Foto di Giovanni Pico della Mirandola

Giovanni Pico della Mirandola

(Mirandola, Modena, 1463 - Firenze 1494) filosofo e umanista italiano. Conte, signore di Mirandola e Concordia, compì gli studi a Ferrara, Bologna, Pavia e Padova, stringendo amicizia con F. Beroaldo il Vecchio e coltivando lo studio delle lingue e del pensiero ebraico e arabo. Si stabilì poi a Firenze, dove, in buoni rapporti col Magnifico, si aprì alla poesia, al platonismo ficiniano e, con la scoperta dei libri cabalistici, a una visione del mondo insieme appassionata e affascinante, fondata sul rapporto mistero-rivelazione. Nel corso del 1486 concepì ed elaborò il disegno di radunare a Roma, a sue spese, un concilio di dotti impegnati a discutere la possibilità di una mediazione tra le varie teorie filosofiche e religiose: a tal proposito pubblicò una serie di tesi (Conclusiones, 1486),...

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