Altro libro che sfata il mito dell'italiano "brava gente". Nel 1938 vengono promulgate le leggi sulla razza, discriminando gli ebrei. Questi erano circa quarantamila sugli oltre quarantamilioni di abitanti, solo l'1 per mille. Ma la propaganda, la burocrazia, il popolino e non solo trasformarono gli ebrei, molto spesso assimilati, fascisti della prima ora, eroi della Grande Guerra, in nemici della patria. Dalla sera alla mattina gli ebrei non riconobbero più gli amici, i compagni di scuola, di lavoro con cui fino al giorno prima si familiarizzava. Furono accantonati, in particolare chi aveva un'attività, una professione che poteva far comodo agli "ariani". Molti furono i giornalisti, i politici che in quegli anni scrissero contro gli ebrei. Molti di questi furono famosi pii nel dopoguerra, a volte cercando e trovando spazio nel Partito Comunista. E pochi di questi ebbero poi il coraggio di vergognarsi di qualche anno prima. Ma molti, a cominciare dal presidente di Demorazza, Azzariti, che divenne addirittura Presidente della Corte Costituzionale, la fecero franca. E l'aspetto ancora più tragico è la delazione, che spinse molti italiani a denunciare, quasi sempre in maniera anonima, quei pochi ebrei che riuscivano a salvarsi. Una pagina che, anche per colpa degli ebrei, è stata sottotaciuta in Italia e solo da poco sta tornando alla Luce.
Di pura razza italiana. L'Italia «ariana» di fronte alle leggi razziali
Alla fine degli anni Trenta, con la conquista dell'Etiopia e la proclamazione dell'Impero, l'Italia fascista sente il bisogno di affiancare alla nuova coscienza imperiale degli italiani anche una coscienza razziale. Ben presto dal "razzismo africano" si passerà all'antisemitismo, e nel 1938 in pochi mesi si arriverà alle fatidiche leggi razziali che equivalsero alla "morte civile" per gli ebrei, banditi da scuole, luoghi di lavoro, esercito, ed espropriati delle loro attività. Tutti gli italiani "ariani" aderirono, dai piccoli balilla che non salutavano più i compagni, a gente comune e alti accademici che volsero le spalle agli ex amici. La bella gioventù dell'epoca (universitari, giornalisti e professionisti in erba) rappresentò l'avanguardia del razzismo fascista. Molti di loro avrebbero costituito l'ossatura della classe dirigente della Repubblica, ma quasi tutti in quel quinquennio furono contagiati dal virus antisemita. Ecco perché per circa sessant'anni c'è stata una sorta di autoassoluzione nazionale che gli storici non hanno pienamente rivisto. Per restituirci un'immagine più veritiera dell'atteggiamento della popolazione di fronte alla persecuzione dei connazionali ebrei, Avagliano e Palmieri hanno scandagliato un'enorme mole di fonti.
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Anno edizione:2013
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CLAUDIO OLOCCO 19 luglio 2017
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