Interessante rapporto alla lingua dell’autore. Libro che merita. Poesia da rileggere, ma anche cruda a tratti. Il libro dispone di sezioni diverse. La prima è ciò che mi ha più colpito, poiché tratta qualcosa di femminile e in modo forte, pur essendo un autore a de-scriverlo, mette in luce alcuni enigmi che tali restano, come in ogni lavoro poetico, di grazia.
Discomparse
Libro incluso nella cinquina finalista del Premio Strega Poesia 2024
«Un'altra grammatica in cui non esiste l'articolo, con segni diversi in cui entrano vento, gelo e suoni gutturali, suoni sciti, ritmi lontani»: così, alla prima uscita, Antonella Anedda presentava quel piccolo classico contemporaneo che è La scolta. Da questa stazione - abitata da una «Signora» ridotta a «un sacco di ossa e respiro», e da una «non italiana» che «la bada» - comincia, dieci anni dopo Italics, il nuovo percorso di Gian Maria Annovi. Nella loro varietà sorprendente, le voci che abitano Discomparse danno parola agli «svociati, gli sfigurati del margine, che i discorsi dominanti negano, cancellano, dimenticano». Così se nella Scolta si confrontano, in un teatro della crudeltà dove la tragedia classica incontra Bergman, due inverse inibizioni della lingua (la vecchia «che traduceva il greco» ma della quale ora leggiamo solo i pensieri, e la «scolta» venuta dall'Est con «una lingua che pare / calcata da un grosso bove»), in Visita alla città di Sodoma un allegorico «deserto» è punteggiato da lapidi d'invenzione, in ricordo di coloro che persero la vita per la propria sessualità (come «PIER PAOLO», che «LASCIA LA MADRE / E IL MONDO STUPENDO E / MALEDETTO»). La stessa geografia, in Antiscoperta dei monti, consente la «discoperta» di «cose che non son cose», per dirla con Leopardi, «ma sono comunque». Quelle «discomparse» sono presenze che la preterizione consegna al desiderio o al rimpianto: come nelle parole-singhiozzo rivolte da Lear, in Cor, al corpo straziato di sua figlia. O come le figure dei neri riscattate dagli Estratti, invertendo il «naufragio di voci» di una tradizione che li emargina, per segnare a dito l'altra scomparsa, in mare, che sfregia il nostro tempo. La parola si «squaglia» e si «diplasma» - ma solo per «innascere». Una lingua che prenda atto della propria costitutiva partizione è una lingua non (ancora) nata, che nondimeno parla. Come quella «che s'innova e che / scalcia», dalla «Signora» indovinata in quella barbarica della «scolta»: prima o poi destinata a «scalzare dal nostro domani / questo paralizzato italiano». Se tornerà possibile un dialogo, allora, finalmente potremo dire di essere nati. Andrea Cortellessa
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Anno edizione:2023
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Michela G. 30 aprile 2025Discomparse
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