(Vienna 1791-1872) drammaturgo austriaco. Figlio di un avvocato, dovette, alla morte del padre, abbandonare gli studi di diritto. Fu precettore, e in seguito intraprese una modesta carriera statale. Brevi interruzioni alla monotonia della sua vita furono i viaggi in Italia, in Germania (a Weimar incontrò Goethe, 1826), in Francia e Inghilterra (1836), in Turchia e Grecia (1847). La prima opera di G. giunta sulle scene fu L’avola (Die Ahnfrau, 1817), un dramma fatalista che assecondava il gusto romantico dell’orrore. Seguì Saffo (Sappho, 1818), tragedia classica in giambi, che svolge con acuta penetrazione il tema della solitudine dell’artista. Nella trilogia Il vello d’oro (L’ospite, Gli argonauti, Medea; Das goldene Vliess: Der Gastfreund, Die Argonauten, Medea, 1821) G. narrò la leggenda di Medea e Giasone, facendo scaturire il tragico destino dei protagonisti dalla loro stessa indole. Dopo due drammi storici ambientati nella casa d’Asburgo, Fortuna e rovina di re Ottokar (König Ottokars Glück und Ende, 1823) e Un servo fedele del proprio padrone (Ein treuer Diener seines Herrn, 1828), G. tornò al mondo classico con la tragedia Le onde del mare e dell’amore (Des Meeres und der Liebe Wellen, 1831), in cui riprese, con toni di intenso lirismo, la leggenda della morte di Ero e Leandro. Del 1834 è la fiaba drammatica Il sogno, una vita (Der Traum ein Leben), ispirata a Calderón; del 1838 la commedia Guai a chi mente (Weh dem, der lügt), che viene considerata oggi fra le migliori di tutto il teatro tedesco, ma ebbe allora un clamoroso insuccesso. G., esacerbato (ma anche infastidito dalla censura) rinunciò da allora a pubblicare i suoi scritti. Postumi furono rappresentati L’ebrea di Toledo (Die Jüdin von Toledo, scritta nel 1824-26), Una contesa tra fratelli nella Casa di Asburgo (Ein Bruderzwist im Hause Habsburg, scritta nel 1848) e Libussa (1848), storia della mitica fondatrice e regina di Praga, e videro la luce le liriche, i diari e la novella autobiografica Il povero suonatore (Der arme Spielmann, 1848), che rivelano la sua natura malinconicamente sensibile.G. è il massimo rappresentante del teatro austriaco. Dotato di una grande capacità d’introspezione psicologica, prende a modelli Goethe, Schiller e Shakespeare ed è attento alla tematica del dramma barocco spagnolo, ma conserva profondi legami con la tradizione del teatro popolare viennese. Una personale angoscia di vivere si intreccia nell’opera di G. con il presentimento della fine dell’umanesimo tradizionale, collegabile al tramonto di un impero asburgico prenazionale e precapitalistico. Diviso tra volontà di agire e consapevolezza del carattere distruttivo di ogni azione, G. concentra la sua riflessione sull’attimo sospeso e transitorio in cui l’azione matura e, con l’irrevocabilità del suo solo porsi, apre conflitti insanabili.