Firmino è un ratto che nasce e vive in una libreria. La sua passione per i libri è “divorante”: inizia effettivamente da piccolo quando li mangia ma poi scopre di saper leggere. Ci racconta così la sua vita: la sua famiglia, il rapporto con gli umani e con la realtà che lo circonda. E’ difficile per lui capire chi è veramente: con i suoi simili non ha nulla in comune, si innamora di donne, vuole disperatamente comunicare con gli uomini ma la natura glielo impedisce, lo specchio gli rimanda un’immagine in cui non riesce ad identificarsi, non può vivere come gli uomini anche se lo vorrebbe disperatamente. La storia è interessante ma qualcosa non ingrana: nonostante la facile identificazione con un personaggio simpatico nella sua angosciante consapevolezza da parte di chi ama i libri e a volte si sente sperduto in questo mondo dove conta solo l’apparenza, il libro è noioso e ho fatto fatica a finirlo. Anche se forse non è proprio del tutto vero: l’inizio mi ha rapito con questo personaggio delizioso e trovavo molto divertente anche le citazioni più o meno evidenti di altri libri. Ma dopo una cinquantina di pagine circa, mi è sembrato che la storia non decollasse e che fosse quasi un espediente per una dotta citazione di titoli e libri (non me ne voglia l’autore, ma possibile che non ci fosse tra i grandi neanche un autore italiano?). Firmino legge tutto, di tutto e si ricorda tutto quello che letto (che invidia!): di ogni cosa che succede nella realtà ha letto o sa dove andare a leggere. A quel punto mi è sembrato che la storia non si sbloccasse più e tutto il mio entusiasmo iniziale si man mano esaurito fino a che la lettura è diventata quasi un “dovere” per sapere se poi alla fine non ci fosse quel “quid” che ripagasse lo sforzo di una certa lentezza nel racconto. Molto belli e teneri i disegni ma non è di certo un libro che mi ha entusiasmato.
Firmino. Avventure di un parassita metropolitano
La storia del topo Firmino che si ciba di libri per non morire di fame ha incantato i lettori di tutto il mondo, che lo hanno eletto a simbolo di quella figura emarginata, ma ostinata, che è il lettore di romanzi nella nostra società. «Non ne potevo piú di topi. Sono ovunque: al cinema, in televisione, nei fumetti, nelle fogne sotto casa. Poi ho conosciuto Firmino. Solo un topastro sfigato e malinconico come lui mi poteva rimettere in pace con il mondo dei roditori». Niccolò Ammaniti «Firmino, il topo che Walt Disney avrebbe inventato se solo fosse stato Borges. Se leggere è il vostro piacere e il vostro destino, questo libro è stato scritto per voi». Alessandro Baricco «Firmino racconta di tutti noi il giorno in cui abbiamo scoperto che con un libro potevamo inventare la nostra vita». Valeria Parrella «Chi ama leggere farà subito amicizia con Firmino. Questo memorabile topo di biblioteca generato da una pantegana alcolizzata ci insegna che leggere è anche un peccato di gola. I buoni libri, ci ricorda Firmino, si divorano e lasciano, come questo di Sam Savage, il miele in bocca e un po' d'amaro nelle viscere». Domenico Starnone
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RITA BERTANI 11 maggio 2016
Mi aspettavo qualcosa di diverso. Firmino racconta la sua storia con un pessimismo che supera di gran lunga quello di Schopenhauer e il pessimismo cosmico di Leopardi; il clima del libro è cupo e pesante e non sembra esserci alcun tipo di salvezza per il povero topo (o per altri esseri viventi). Capisco che anche il pessimismo possa essere una strada, ma in questo modo è eccessivo e non se ne viene fuori. Lo stile di scrittura è lento e pesante e sembra la trascrizione di una seduta psichiatrica. Deludente.
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Marta Scandellari 07 dicembre 2011
Chi ha detto che i grandi non si leggono una storia, prima di andare a dormire? Firmino è un racconto per la buonanotte, uno di quei libri da portare in treno, che se anche il vicino di posto parla al telefono, si è certi di non perdere il filo. Contenuti, più di tanto, non ce n'è, svaga la mente, lasciando un poco di amaro in bocca.
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