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Anno edizione: 2019
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Con una cadenza mediamente biennale vengono date alle stampe le avventure del capitano di giustizia Biagio dell’Orso, un personaggio assai indovinato che è riuscito a entrare nel cuore dei lettori, desiderosi di vederlo risolvere casi particolarmente complicati, come anche di sapere le novità del suo tormentato rapporto con la bella e gelosa Rosa. Questo nuovo episodio si sviluppa nell’anno 1596, in autunno, un autunno che si presenta per i Gonzaga foriero di sventure, visto che la loro stella avrebbe continuato a brillare in cielo finché avessero conservato a palazzo il corpo mummificato di Rinaldo Bonacolsi, detto il Passerino, colui che, nella congiura ordita per sottrargli il potere, fu ferito a un fianco e cercò di riparare a cavallo nel Palazzo del Capitano, ma cadde, battendo il capo contro uno stipite del portone e morì per il grave trauma patito; quanto agli altri suoi familiari non fecero miglior fine perché rinchiusi nel castello di Castel d’Ario vi furono lasciati morire di fame. La profezia, del resto, segna l’inevitabile declino del casato nella malaugurata ipotesi che la mummia non resti dentro il Palazzo Ducale, da cui qualcuno che agisce nell’ombra l’ha sottratta. Non solo, ma gli stessi duchi, Vincenzo ed Eleonora, i loro figli sono oggetto di ripetuti attentati che il Capitano di giustizia riesce a sventare anche con un po’ di fortuna. E’ diabolico chi sta tessendo una fitta tela di ragno volta a spodestare i Gonzaga e, visto che è informato di tutto, è più che logico supporre che si tratti di uno che vive o lavora a palazzo. Perfino Biagio dell’Orso rischia molto, quando ingiustamente accusato, viene chiuso nelle segrete con il solo scopo di togliergli la vita, ma riuscirà a venirne fuori, questa volta grazie al fattivo interessamento di Rosa e della moglie di Marcello Donati, l’amico consigliere del duca di Mantova. I colpi di scena si susseguono, la vicenda addirittura approda alla corte imperiale di Praga per cercare di scoprire chi è che sta tramando; le congetture e le ipotesi si sprecano, i sospetti si appuntano ora sull’uno, ora sull’altro, ma alla fine il capitano di giustizia riuscirà a scoprire il colpevole che, manco a farlo apposta, fra tutti i papabili è il meno sospettabile. Nonostante che già su Biagio dell’Orso Tiziana Silvestrin abbia scritto con questo cinque corposi romanzi il personaggio non è ancora venuto a noia, tanto che giunti all’ultima pagina di La profezia dei Gonzaga sorge spontaneo il desiderio di poter leggere un altro episodio; in questa affezione indubbiamente ha la sua importanza la felice scelta del protagonista, le sue caratteristiche, il suo modo di procedere con razionalità da investigatore sì capace, ma non certamente fenomenale, insomma un uomo del tutto normale con i suoi pregi e i suoi difetti, in cui il lettore tende a identificarsi; peraltro, i personaggi di contorno sono tutti felicemente riusciti, come la gelosa Rosa o l’amico Donati, oppure il capitano delle guardie Giò Morisco; aggiungo che l’ambientazione e l’atmosfera sono resi splendidamente con uno stile particolarmente efficace, semplice, ma in grado di avviluppare, di avvincere chi legge, teso a scorrere le pagine per assaporare l’evolversi di una vicenda che, per quanto intricata, l’autore riesce a proporre in modo accattivante. Quindi, viste le qualità dell’opera, un invito a leggerla è quasi d’obbligo.
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