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Anno edizione: 2020
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Nuova versione di Ferdydurke tradotta da Irene Salvatori e reinventata nella nostra lingua da Michele Mari.
«Considero Ferdydurke uno dei tre o quattro più grandi romanzi scritti dopo la morte di Proust.» - Milan Kundera
«Un romanzo che pochi anni prima della catastrofe dell'Occidente ne intuisce la portata» - Wlodek Goldkorn, Robinson
Il trentenne Giuso, perditempo e lavoratore occasionale, si sveglia e scopre di essere tornato adolescente. Il suo aspetto non è cambiato, eppure… Alla porta di casa bussa un arcigno professore: entra, lo interroga, gli rifila voti bassi e lo rispedisce a scuola. È l’inizio di una delle storie più folgoranti della letteratura europea, un lampo di allucinazione che il genio di Witold Gombrowicz ha sublimato nella più discussa e celebre delle sue opere. Giuso è la proiezione dell’individuo odierno, un neghittoso mammone confinato nell’immagine di un adulto. La scuola pullula di imborotalcati come lui: uomini senza qualità, inetti piegati all’eccitazione e al godimento puerile, umanità irrisolte che il loro tempo ha esiliato in un limbo di eterna fanciullezza. Salvo cercare in questa fanciullezza farsesca la propria innocenza. Ferdydurke spalanca, attraverso una lingua formidabile, fatta di nonsense, bagliori e richiami, una voragine nella coscienza dei suoi – e dei nostri – contemporanei. Un’indagine narrativa, quella di Gombrowicz, che origina dai primi decenni del Novecento per estendersi fino ai nostri giorni, e che nell’ambiguità della forma – nella sua drammatica inconciliabilità con gli spiriti che riveste – trova il suo mezzo paradossale; nella beffa dell’infantilismo, il suo trauma archetipico.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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