Jonas è un fatalista per il quale non vale la pena darsi da fare per un futuro che non ha scelto, ma che ignora e teme. Esorcizza la paura con la cannabis a buon mercato, il sesso incompleto e la boxe. È quest'ultima a segnare lo stile dell'autore: le frasi sono rapidi scambi, tese a colpire sprigionando una devastante potenza oppure mancando il bersaglio sul momento ma con la minaccia che nessun errore è baciato dall'indulgenza. Un romanzo figlio del novecento letterario francese.
Il feudo
Jonas è un pugile di un certo talento, ha una ragazza che lo chiama per fare sesso ma da lui non vuole altro, attorno una banda di amici, gli stessi dai tempi delle scuole elementari, ed è con loro che trascorre le giornate e la vita in un limbo sociale, uno di quei luoghi tra la periferia e la campagna, né sobborgo né quartiere chic, «troppo cemento per poterci considerare veri campagnoli, troppo verde per assimilarci alla feccia suburbana». Jonas e gli altri non sono teppisti di strada e neppure dei figli di papà che si danno delle arie da duri. Fumano hashish e coltivano erba, giocano a carte, litigano, bevono, parlano di boxe, di sesso, di rap, i loro dialoghi si intrecciano e si sovrappongono continuamente in una partitura ultrarealistica, densa e ipnotica. David Lopez, in questo romanzo di esordio, racconta il gruppo e il loro feudo, lo spazio di cui sono padroni e schiavi, nell'abbandono al tempo che passa, ai giorni che si succedono; è un ruvido cenacolo di giovani senza particolari qualità e prospettive, ragazzi che potrebbero cambiare la loro condizione ma che ostinatamente rimangono fermi, senza prendere iniziative, annoiandosi senza autodistruggersi, lamentandosi senza lottare, in apparenza privi di un qualsiasi desiderio di riscatto. Nel loro atteggiamento cova un rifiuto radicale, esistenziale, essenziale, delle regole sociali, una negazione definitiva di ogni volontà del mercato, del consumo, delle energie trascinanti e distruttive del capitalismo, ma in loro non sembra mai esserci un secondo fine, un istinto di critica sociale. Eppure dall'indolenza, dall'apparente apatia scaturisce la materia preziosa e sorprendente dei rapporti umani con le sue emozioni folgoranti, l'amarezza improvvisa, la comicità scomposta e inattesa, la rabbia e poi la quiete, grazie a un lavoro sulla scrittura e sull'oralità caratterizzato da un linguaggio innovativo, colloquiale, di forte musicalità, che come nel rap assesta frasi e immagini spiazzanti, poesia istantanea e imprevedibile, mai artificiale, sempre crudamente vera.
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Autore:
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Collana:
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Anno edizione:2019
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Albatro 20 agosto 2022Che ne sarà di me
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