La figlia oscura

"La figlia oscura" sovverte le convenzioni sociali che dipingono la maternità come un’esperienza inevitabilmente dolorosa ma sacra e meravigliosa, attraverso la quale la donna da semplice essere umano si trasforma in un essere "sovraumano", quasi al pari di una divinità. Elena Ferrante riesce in questo intento evitando di porre l'attenzione sulle fatiche fisiche e psicologiche che una neomamma deve affrontare ma dando dignità al lato oscuro del diventare madre nel momento in cui il compito è quasi completamente compiuto.

Un libro che scorre via in un attimo e resta addosso per sempre. Una madre in fuga, una giovane ragazza e sua figlia, una bambola. Tre vite si intrecceranno grazie ad un oggetto inanimato che, a poco a poco, riuscirà ad essere simbolo e immagine di qualcosa che si nasconde nell'anima della protagonista e della bambola, un liquido scuro, immagine della maternità e di tutto ciò che essa rappresenta, qualcosa di unico e misterioso, comprensibile solo al ventre e al cuore della donna.

Un libro quanto mai "ferrantiano", con i suoi temi di sempre: la Campania, la maternità, il rapporto madri figli, i sentimenti contraddittori che legano gli esseri umani. La breve storia di questa vacanza della protagonista è densa di sentimenti, emozioni, ricordi, e si intreccia con i pochi fatti presenti, brevi momenti di quotidianità intrecciati ad un po' di mistero e di attesa. Interessante l'attrazione che suscita sulla protagonista la giovane madre conosciuta al mare, non si capisce se come proiezione di se stessa da giovane, oppure se percepita come una delle figlie lontane. Solita prosa scorrevole, difficile staccarsi da questa lettura. Lo consiglio vivamente.