"Fragole", ovvero un breve assaggio dell'opera di Joseph Roth. In appena un centinaio di pagine prende forma e viene descritto il mondo perduto del vecchio impero austro-ungarico, quella realtà multiforme, composta da sperduti Shtetl in Galizia ma anche da borghesi salotti viennesi, che più volte Roth ha descritto nelle sue opere più famose. I due racconti sono solo un abbozzo, lo scheletro di un romanzo più ampio che non ha purtroppo mai visto la luce, tuttavia ciò che rimane è un esempio conciso e fulmineo della capacità di Roth di analizzare e comprendere, una volta di più, la complessità dei suoi tempi. Nella novella "Fragole" si guarda con occhio nostalgico ai luoghi dell'infanzia (la Galizia ebraica), luogo fuori dal tempo e impermeabile ai cambiamenti, dove il tempo non muta niente e le fragole hanno ancora il sapore proibito del piacere. Nella novella "Perlefter" l'attenzione si sposta invece sulla figura del borghese austriaco tra le due guerre, timoroso e moderato, tutto assorto nel tentativo di mantenere buoni rapporti con le fazioni politiche estremiste, senza prendere davvero posizione (immobilismo che porterà nel 1938 all'Anschluss). Si tratta dunque di un'opera minore ma imperdibile per tutti coloro che, nostalgici dei romanzi più celebri di questo autore, sperano di immergersi una volta ancora nelle atmosfere di finis austriae da Roth magistralmente descritte.
Fragole
In una lettera a Stefan Zweig, Joseph Roth annunciava di avere in cantiere «il romanzo della mia infanzia», un’opera autobiografica che prevedeva «d’ampio respiro». E destinata, secondo l’ultima compagna dello scrittore, a diventare il suo libro più bello. Il progettato romanzo, in realtà, non vide mai la luce. Ma il torso che ci è rimasto, "Fragole" – trovato fra le carte inedite –, si presenta di fatto come un’autentica, incantevole novella. Una novella popolata di sarti, vetrai e ciabattini colti nel natio shtetl galiziano, in uno scenario fatto di distese innevate e di neri stormi di corvi sui campi dalle stoppie dure e pungenti sotto i piedi nudi. Alla ricerca della sua terra perduta – con il sapore delle fragole di bosco che richiama un intero universo –, Roth riesce a salvare la memoria di una mitica Heimat, racchiudendola nel prezioso scrigno di un racconto poetico e nostalgico come una ballata yiddish. E non meno preziosa, anche se agli antipodi per ambientazione e tenore, è l’altra novella raccolta in questo volume, "Perlefter", storia e satira di un borghese ipocondriaco, irresistibile antieroe che sogna avventure grandiose – laddove le sue sono solo meschine e da tener segrete, come gli indirizzi di certe massaggiatrici che si è annotato, con abbreviazioni solo a lui intelligibili, in fondo a un’agendina, «appena sotto l’elenco delle festività ebraiche». Rese vivide da una galleria di personaggi degna di Gogol’ e Dickens, e ambientate nella Vienna dell’ebraismo assimilato – tra café chantant, club esclusivi e sontuosi hotel – o in lontane province trasognate, queste pagine ci fanno ritrovare con gioia il Roth dei libri più amati.
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Au 22 ottobre 2021
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