Accostato, a ragione, a I Buddenbrook di Thomas Mann, I fratelli Ashkenazi è una saga familiare che, attraverso la storia di due fratelli diversi e antagonisti ci racconta la storia di una città - Lodz, di un paese - la Polonia, di un popolo - gli ebrei, e addirittura di un intero continente. Si parla quindi di contrasti in famiglia, di ebraismo, di integrazione, di matrimoni combinati, di ricchezza (soprattutto della corsa alla ricchezza, dello sviluppo industriale di Lodz, dell'industria tessile), di popoli migranti, di confini mutevoli, di rapporti di potere costantemente in pericolo, costantemente ribaltati, di lotte operaie. Romanzo davvero notevole, che per qualche motivo non mi ha affascinato esattamente come La famiglia Karnowski dello stesso autore, anche se a dire il vero non posso che riscontrare lo stesso difetto presente nella lettura precedente: i personaggi femminili sono veramente desolanti.
Ogni giorno che il Signore regala al creato, Reb Abraham Hirsh Ashkenazi, commerciante di stoffe e capo della comunità ebraica di Lodz, lo zucchetto in testa e una barba lunga quanto l'esilio, siede alla scrivania del suo piccolo ufficio scuro e medita sui sacri testi cercando di trarne saggezza da dispensare alle schiere di commercianti ebrei che fanno ressa alla sua porta. Poco più di uno shtetl tra i tanti nella Polonia di fine Ottocento dominata dalla Russia, Lodz pullula in quegli anni di mercanti provenienti da ogni parte dell'impero, e tra questi predominano gli ebrei che vi giungono dalla Lituania. La cittadina si sta espandendo, insegnanti e contabili, dentisti e levatrici, tessitori e sarti vi affluiscono, sorgono nuove fabbriche, nelle sinagoghe i rabbini si intonano ai tempi con atteggiamenti genericamente illuministici. Il grembo angusto ma protettivo dello shtetl, fuori del quale il materialismo e il cinismo macinano con indifferenza uomini e tradizioni, si sta rapidamente dissolvendo. In questo piccolo e operoso mondo, dove il tempo è scandito dal lavoro e dalle pratiche religiose, nascono i due figli di Reb Hirsh Ashkenazi, opposti nel carattere fin dalla prima infanzia: Jakob Bunin, vitale e generoso, rappresenta la forza naturale e la gioia di vivere, mentre Simcha Meyer, introverso e abile negli affari, riversa la sua febbrile inquietudine nell'imprenditoria. Il turbine della vita porterà Jakob ad affermarsi con il suo talento di comunicatore, mentre Simcha, miscuglio di cupidigia e lungimiranza che tutto travolge in nome del profitto, sarà protagonista di una spregiudicata ascesa economica. Attorno a loro si svolgono i grandi eventi della Storia, le passioni e le vicende minime di una folla di personaggi uniti dalla comune spiritualità ebraica, che sfociano in conflitti generazionali e talora nel distacco dalla tradizione dei padri. Introduzione di Claudio Magris.
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Singer Israel J., I fratelli Ashkenazi, Bollati Boringhieri, 2013.Torino, Bollati Boringhieri, 2013. 30428 1038 Singer Israel J., I fratelli Ashkenazi, Bollati Boringhieri, 2013, in 8, Brossura con alette, pp. XXIV + 760, Ottimo.
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SALVATORE LO IACONO 15 ottobre 2011
Un’epopea affascinante, l’affresco di un mondo che non esiste più, quello dell’ebraismo dell’Europa centro-orientale del secondo Ottocento e del primo Novecento, inghiottito dal nazismo. È un romanzo che non avrebbe bisogno di presentazioni, perché è una pietra miliare. Tra Polonia e Russia, tra Lodz – che si trasformerà da shtetl, villaggio rurale, a rutilante polo tessile di prima grandezza – e Pietrogrado, a lungo terre dell’impero zarista, soggette alla violenza dei cosacchi ma anche fecondo grembo del movimento operaio, “I fratelli Ashkenazi” abbraccia una porzione di mondo e tempo (dal secondo Ottocento alla Rivoluzione d’ottobre) e scandaglia ogni angolo della condizione umana. Lo fa, tra vicende storiche e private, con gli occhi di Simcha Meyer e Jacob Bunin – i due fratelli Ashkenazi che si ribattezzeranno Max e Yacob, nel loro progressivo allontanarsi dalla tradizione chassidica, quella del pio padre Reab Abraham – e di una folta moltitudine di personaggi, industriali, rivoluzionari, religiosi, nobili, soldati, commercianti, donne dagli opposti destini (basti pensare a Dinah, sposa infelice di Simcha Meyer, e a Bashke, che muore per amore e ideali politici). Saga familiare e romanzo storico, prodotto del cuore della Mitteleuropa, emblema delle dinamiche socio-politiche ed economiche che hanno segnato il ventesimo secolo, metafora del capitalismo, “I fratelli Ashkenazi”, antico nella forma, è di una modernità dirompente per quanto riguarda i contenuti.
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