Sto leggendo il libro su un e-reader, quindi non so a che pagina sia, ma so di essere al 28%. Sono arrivato alla conclusione che un libro a cui si possano togliere 10 pagine consecutive senza che il libro stesso ne risulti alterato non faccia per me. In questo caso potrei togliere ben più di 10 pagine senza che il libro perdesse alcunché. Non solo succede poco o nulla, ma non c’è nessuna curvatura dei personaggi, non c’è sempre coerenza nella narrazione (può una zona in montagna essere paludosa? Può essere l’infanzia del pittore molto diversa da quella del fratello, che pure è diventato dottore?). Non si capisce perché lo specializzando passi le sue giornate con il pittore (e non a studiare) né perché questo non susciti domande nel pittore. E soprattutto pagine e pagine si susseguono senza aggiungere nulla né alla storia né alla comprensione della mente di uno squilibrato.
Gelo
Quando, nel 1963, l’editore Insel pubblicò, con il titolo di «Frost», il romanzo di un giovane autore austriaco esordiente, il mondo letterario rimase folgorato da una voce che non assomigliava a nessun’altra, quasi provenisse da un pianeta alieno. Una voce che, a dispetto dei numerosi epigoni, nulla ha perso della sua unicità, e che oggi come allora subito travolge chi si avventura nelle prime pagine di Gelo. Dove cupi presagi si manifestano a un tirocinante in medicina, diretto verso una remota regione di montagna: «Ho preso il primo treno, quello delle quattro e mezzo. Viaggiavo tra pareti di roccia. A sinistra e a destra tutto era nero». Il giovane deve assolvere un incarico «assolutamente segreto»: osservare con attenzione, e discrezione, i bizzarri comportamenti del fratello di un medico, il pittore Strauch, che dopo aver bruciato tutti i suoi quadri si è da tempo ritirato in uno sperduto villaggio. La sua destinazione è dunque Weng, «il paese più malinconico che io abbia mai visto», dove «tutto sembra calcolato per riuscire fatale». E non meno inquietanti sono i suoi abitatori: dalla moglie dell’oste, «orribilmente ripugnante», allo scuoiatore che «fa anche il becchino», dal distillatore di grappa, «lungo e secco come un pezzo di legno», al gendarme, che non ha potuto studiare perché il padre temeva che «sarebbe rincretinito». Ma su tutti giganteggia, indimenticabile capostipite dei personaggi di Bernhard, il pittore Strauch, che giorno dopo giorno avvolgerà il giovane, e il lettore, nelle spire del suo folle, ipnotico, labirintico monologare.
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Intreno 23 aprile 2025non so se arriverò in fondo
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martaJannella 30 settembre 2024mollato dopo 40 pagine
Non mi piace recensire negativamente un libro, probabilmente è un mio limite ma questo l’ho trovato illeggibile, poco scorrevole, difficile comprenderlo. Abbandonato dopo poco, tipologia di narrazione assolutamente incompatibile con le mie corde, troppo confusionario, non ho percepito ci fosse una vera storia dietro
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Gogol 20 marzo 2024Bernhard...
Il primo grande romanzo dello scrittore austriaco. Ipocondria e filosofia animo il gelo del pittore fino a fare dimenticare anche all'apprendista medico lo scopo della sua missione. Follia contagiosa...
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