Friedrich Dürrenmatt si diverte magistralmente con tutti: con i suoi personaggi, con la trama degli accadimenti, con il destino e, non da ultimo, con il lettore. È un thriller poliziesco sui generis, che trascende la semplice narrazione dei fatti di cronaca, per giocarsi su di un piano più alto: la ricerca della giustizia e la possibilità di confezionare un delitto perfetto. Il gioco è una scommessa, che nasce, fortuitamente, in una bettola, tra due perfetti sconosciuti, che, da quel momento, si inseguiranno, loro malgrado, per tutta la vita. È possibile, come in un meccanismo perfetto, risalire sempre all'autore di un'azione criminosa o, per converso, la selva di rapporti sociali, umani, professionali è così intricata da garantire una zona franca, di impunità? Il vecchio Barlach è chiamato a formulare una domanda non semplice una risposta ancor più complessa, che lo condurrà, assieme all'ignaro lettore, ai confini delle regole del gioco del poliziesco, forse anche oltre. Sulla scacchiera, la pedina ambisce a diventare dama (o damone), senza sapere che la mano del damista che la muove è pronta anche a sacrificarla, per la realizzazione di un obiettivo più grande, magari inseguito per gran parte della vita.
Il giudice e il suo boia
«Dicevi che è da stupidi compiere un delitto, perché non è possibile muovere gli uomini come figure su una scacchiera. Io allora per contraddirti, ma senza vera convinzione, sostenni che proprio il garbuglio dei rapporti umani ti permette di compiere delitti che non si possono scoprire.»
Esiste il delitto perfetto? Gastmann, "demonio in forma umana", ne è convinto, e per dimostrarlo al commissario Bärlach - e vincere la temeraria scommessa fatta in una bettola sul Bosforo - getta uno sconosciuto dal ponte di Galata. Ormai i due sono incatenati l'uno all'altro. Per oltre quarant'anni il commissario seguirà imperterrito le orme di Gastmann, nel vano tentativo di fornire le prove dei delitti via via più audaci, efferati e sacrileghi che costui ha commesso per capriccio. Finché un giorno l'assassinio dell'ispettore Schmied della polizia di Berna - la città dove Bärlach è nato, e che lui chiama il suo "aureo sepolcro" - lo metterà nuovamente di fronte al suo nemico, e al sinistro viluppo di trame politiche e finanziarie di cui questi tira le fila. A Bärlach non resta molto da vivere: giusto il tempo di regolare i conti una volta per tutte. Ormai ha emesso il suo verdetto - ed è una condanna a morte. Quando Georges Simenon, che di noir se ne intendeva, lesse questo romanzo cupo, implacabile e lacerante, disse semplicemente: "Non so che età abbia l'autore. Se è alla sua prima prova, credo che farà strada".
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Anno edizione:2015
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Antonio Poso Zurlo 18 settembre 2024
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Luca Baratella 12 marzo 2017
Classico dal finale assolutamente inaspettato. Durrenmatt riesce in poche pagine a trasportare il lettore dentro ad un movimentato film poliziesco degli anni ’50 dove i colpi di scena si susseguono l’uno dopo l’altro, fino all’imprevedibile finale. L’omicidio dell’ispettore Schmied della Polizia di Berna è lo spunto che il “giudice” usa per emettere la sua sentenza di morte e per aizzare il suo “boia”. Un romanzo veloce e leggero, da leggere tutto d’un fiato.
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