La locuzione del titolo risale ad Orazio e, forse, il grande umanista Erasmo da Rotterdam la tenne presente mentre scriveva il suo "Giulio". O forse il vero antecedente è l'Apokolokýntosis di Seneca, nel quale il filosofo romano narra in tono beffardo della morte dell'Imperatore Claudio e di una serie di disavventure tragicomiche che lo colpiscono nell'aldilà. Una trama simile è in questa opera erasmiana, dedicato al Papa Giulio II. Il Pontefice, una volta morto, cerca di varcare le porte del paradiso ma viene respinto da san Pietro. Furibondo, cerca allora di convincere il piú antico collega che la sua idea di Chiesa è superata,. Ma, nonostante lo minacci (si tramandano vari aneddoti sul carattere belligerante di Giulio II), o cerchi di «convertirlo» agli ideali della forza, del denaro, del potere.dal paradiso rimarrà fuori. Molto divertente , e al di là dei toni da commedia (Giulio II viene presentato come un ubriacone, omosessuale e sifilitico), l'aspetto piú interessante del dialogo è lo svelamento della degradazione del papato come istituzione, sul quale si regge in realtà l'opera. Ottimamente curato nella traduzione e nel commento.
Giulio. Testo latino a fronte
La storia è quella di papa Giulio II che, una volta morto, cerca di varcare le porte del paradiso ma viene respinto da san Pietro. Furibondo, cerca di convincere il più antico collega che la sua idea di Chiesa è vecchia e superata, cerca di "convertirlo" agli ideali della forza, del denaro, del potere. Ma, nonostante lo minacci con le sue armate, dal paradiso rimarrà fuori. Al di là della caricatura personale, un Giulio II ubriacone, omosessuale e sifilitico ricavato in parte dalla vox populi del tempo, l'aspetto più sovversivo del dialogo è lo svelamento della degradazione del papato come istituzione. È ovvio che un uomo prudente in termini di ortodossia come Erasmo poteva essere orgoglioso del suo pamphlet in comunicazioni private ma non poteva permettersi di firmarlo, e che quando i suoi ex amici luterani prendono lo Iulius come un libro-bandiera per le proprie battaglie si impegnerà a fondo per negarne la paternità. Ma i moderni filologi, tra i quali eccelle Silvana Seidel Menchi, glielo riattribuiscono a distanza di circa cinque secoli in maniera inoppugnabile. La storia di questo libello, che la curatrice ripercorre nel saggio introduttivo, attraversa gli anni cruciali della Riforma e incrocia tutti i protagonisti della grande battaglia teologico-culturale che ha forgiato l'Europa all'inizio della modernità.
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Anno edizione:2014
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DIEGO GIUGLIANO 05 marzo 2017
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