Grandi proprietà ecclesiastiche nell'Italia nord-occidentale
In una sintesi storica di grande successo, pubblicata negli anni settanta del secolo scorso, Carlo Maria Cipolla rilevava come la maggior parte dei patrimoni ecclesiastici si formi tra il secolo VIII e l’XI: “I re barbarici, eredi dei vasti latifondi romani, avevano a loro disposizione un’enorme ricchezza sotto forma di terre per lo più spopolate … Conti e baroni erano in posizione analoga e la loro propensione a far donazioni alla Chiesa era proporzionale alla loro propensione alle ruberie ed ai saccheggi. Chi soprattutto seppe profittare di queste peculiari circostanze furono i monasteri che ammassarono fortune fondiarie enormi”.
Se questo quadro di fondo è ancora accettabile, è nondimeno notevole la differenziazione esistente tra i processi di formazione dei patrimoni dei monasteri altomedievali e quelli delle abbazie esenti, oppure dei vescovadi, dei cenobi cistercensi o delle certose bassomedievali.
L’analisi delle dinamiche di accumulazione delle proprietà vescovili a partire dal secolo X consente così di evidenziare notevoli differenze rispetto alla struttura dei patrimoni di capitoli canonicali e di enti monastici bassomedievali, ma anche di osservare modalità diverse nella gestione dei beni e di articolare il giudizio sul problema delle “crisi” strutturali e congiunturali che si susseguono fra XI e XIV secolo.
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Anno edizione:2009
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