Grida di pietra
Da bambina Leila abitava a Haifa, in una piccola casa che i suoi possedevano vicino al quartiere ebraico di Hadar Hacarmel. I vicini si chiamavano Abramovitch, Aronstein o Eisenberg. Una delle sue migliori compagne di giochi si chiamava Tamara. Era ebrea, e la sua vita era dolce proprio come la sua, poiché a Haifa vivevano allora semplicemente degli esseri umani che non si curavano più di tanto del fatto di essere ebrei o palestinesi. Poi arrivò quel maledetto 29 novembre 1947, il giorno in cui alcuni stranieri riuniti in una casa di vetro e d’acciaio in qualche parte nel mondo decisero di concedere il cinquantasei per cento della terra palestinese ai parenti di Tamara. Leila dovette lasciare la sua terra, e rifugiarsi con la sua famiglia e settemila suoi compatrioti nel campo profughi di Borj el-Shemali, in Libano. Un posto paradisiaco, con la spiaggia più bella del Paese dei Cedri e il mare cangiante di mille colori meravigliosi. Un posto perfetto per qualsiasi bambina, ma non per Leila. Una frase atroce, ripetuta all’infinito dai suoi genitori e dai vecchi del campo, avvolse nel sudario del lutto la sua adolescenza: Siamo nati rifugiati, moriremo rifugiati. Cresciuta con l’idea di ribellarsi al destino di polvere e sangue della sua gente, e di sovrastare i lamenti con le grida di pietra della sua terra, Leila Khaled, alla fine degli anni Sessanta, dirottò due aerei, prima donna in assoluto a prendere parte a un’azione simile. Secondo volume del grande affresco sul Medio Oriente iniziato con La terra dei gelsomini, Grida di pietra narra questa e numerose altre storie straordinarie. Non soltanto storie di lutto e di guerra, ma anche d’amore e di pace, come la vicenda che coinvolge, e unisce in un sentimento più alto della rabbia e dell’odio, Jumana, giovane palestinese fatta prigioniera dall’esercito israeliano dopo aver tentato di posizionare un ordigno, e Avram Bronstein, soldato israeliano che avrebbe dovuto restare vittima proprio di quell’ordigno. Sullo sfondo dei numerosi sussulti politici che hanno segnato il Medio Oriente negli ultimi cinquant’anni, sfilano in queste pagine i reali protagonisti della Storia: Nasser, Sadat, Arafat, Saddam Hussein, Moshe Dayan, Assad padre, figure che prendono corpo e voce sotto l’abile penna di Gilbert Sinoué.
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