Quando il padre lo sveglia, nel cuore della notte, per condurlo in un posto sconosciuto, il bambino lo segue senza porsi troppi problemi: è suo padre, gli dice che è per il suo bene, e anche se vuole credere che sia davvero tutto ok, in cuor suo sa che qualcosa non va. È ancora buio pesto quando giungono nei pressi di quella che sembra a tutti gli effetti una “montagna”, e quando l’uomo apre una porta che conduce a un tunnel scarsamente illuminato, il bambino inizia a chiedersi che cosa sta succedendo e perché il genitore è così nervoso e spaventato. Quando infine si ritrova da solo, circondato da tenebre e roccia, con il suo pulcino di peluche come unica compagnia, il bambino decide di farsi coraggio e, un passo dopo l’altro, scopre di trovarsi su un’isola misteriosa e deserta. Una prigione di sabbia e fitta vegetazione circondata dall’acqua, un regno solitario in cui dovrà sopravvivere e, soprattutto, cercare di venire a capo della sua situazione. Non si può aggiungere molto altro sulla trama di questo libro, perché il rischio di fare spoiler è davvero troppo alto. “Ifalik” è una storia complessa, difficile e bellissima. Un dipinto “visionario” tracciato da un’abile penna, quella di Francesco Grandis, che con il suo stile diretto, talvolta crudo, talvolta virtuoso, mi ha letteralmente rapita (e turbata) e portata in un mondo in cui niente è ciò che sembra. Continua su Goodreads: https://www.goodreads.com/review/show/7377140747
